I tre miliardari
Sul palco di piazza Duomo, affollata da decine di migliaia di cittadini, si sono alternati Beppe Grillo, Adriano Celentano e Dario Fo. Tre rivoluzionari, che intendono spazzare via la classe politica in nome dei diritti degli italiani, spogliati da una politica che ha ridotto tanti sul lastrico. Tanti, ma non loro tre, che figurano tra coloro che in questi anni hanno guadagnato di più.
Per loro meriti non c’è che dire, ci mancherebbe. Non capisco però come si possa ad un tempo godersi tanti privilegi e mettersi alla testa di tanti diseredati, e in particolare di tanti giovani che giustamente protestano per la loro condizione. Non è la prima volta che a capo di rivoluzioni si mettano caste di cittadini privilegiati. Durante la rivoluzione francese i giacobini appartenevano alla borghesia, lo stesso Bakunin, mentre i suoi allievi tentavano il colpo tra Bologna e Benevento, si godeva la vita in una villa sul lago di Como, fornitagli dal suo amico e possidente Cafiero, che si si spogliò di tutti i suoi averi e divenne pazzo. Anche durante la rivoluzione bolscevica non furono pochi coloro che provenivano dalle professioni e dai ceti più abbienti. Ma almeno tutti costoro pagarono un prezzo, e anche salato, per le loro scelte. Robespierre dovette perdere la testa, Cafiero mori in una casa di cura, poverissimo, Lenin dovette sopportare l’esilio e la povertà. I tre miliardari, invece, non smetteranno di fare la bella vita, qualcuno anche di evadere il fisco, di farsi pagare cachet profumatissimi anche per prediche insopportabili, e nel contempo saranno i capi riconosciuti dell’onda di protesta che ha pervaso l’Italia. Sarebbe stata molto più credibile l’oceanica manifestazione di Milano se sul palco si fossero alternati i minatori del Sulcis…
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