Ostruzionismo e democrazia
Non mi scandalizzo né dell’ostruzionismo parlamentare né della decisione di contingentare i tempi degli interventi. Sono entrambe posizioni legittime e già sperimentate. Quando nel 1953 si discusse la cosiddetta legge truffa, che rispetto all’Italicum, ma anche al Porcellum, era una legge profondamente democratica, visto che attribuiva un premio di maggioranza solo alla coalizione che avesse superato il 50 per cento, scoppiò il finimondo. Non solo ci vollero mesi per arrivare al l’approvazione di una legge che non era di natura costituzionale, ma si verificarono risse, tafferugli, lanci di oggetti, e ci furono contusi e anche feriti. Anche l’ultimo presidente del Senato Meuccio Ruini, che accettò per spirito di servizio di fare approvare la legge, dopo le dimissioni di due presidenti terrorizzati, fu costretto a ricorrere alle cure dei sanitari.
Oggi siamo al fioretto. Rispetto ad allora manca l’ensprit de guerre, l’ascia e lo scudo cedono il posto alle tecnicalità, ai sorrisi ironici, alle battute alla buvette. L’irascibile Pajetta non è paragonabile con il malinconico Mineo. Eppure anche oggi si grida allo strappo, se non al colpo di Stato. È sbagliato. Ripeto, è legittimo il ricorso al l’ostruzionismo, ma anche al contingentamento dei tempi. Quello che i ribelli contestano alla maggioranza Renzi-Berlusconi è la natura costituzionale delle decisioni che non può essere adottata senza un adeguato approfondimento. E soprattuto senza avere discusso e approvato alcuna proposta dell’opposizione. È vero, Renzi e Berlusconi stanno adottando una riforma costituzionale con un pacchetto di proposte a scatola chiusa.
Si dice, dall’altra parte, che in commissione molte modifiche siano state approvate. Si cita sopratutto la modifica dell’assetto del Senato rispetto alla proposta originaria che prevedeva una massiccia presenza di sindaci. Ma questa modifica era necessaria sia dal punto di vista normativo, perché, contrariamente ai consiglieri regionali, i sindaci non hanno potestà legislative, sia di punto di vista politico, perché la modifica era stata espressamente richiesta da Forza Italia. Poi ci sono le forzature, come la proposta della Boschi di procedere in qualsiasi caso al referendum confermativo. Bisognerebbe, una volta tanto, applicare le norme previste in Costituzione. Il referendum confermativo si può svolgere se nella doppia lettura Camera e Senato una legge costituzionale non raggiunge i due terzi dei voti. Siccome è chiaro che al Senato non sarà così l’ardita proposta Boschi è simile a quella di un mio professore che sosteneva che per essere promossi bisognava avere ottenuto la sufficienza.
Un’ultima considerazione. La marcia sul Quirinale non riesco a capire cosa possa cambiare. Il presidente della Repubblica deve sovrintendere al processo legislativo affinché rientri nella norma prevista dalla Costituzione e dalle leggi e dai regolamenti vigenti. A me non pare che l’aver fissato un limite temporale al procedimento legislativo sulla riforma del Senato sia contra leges. Piuttosto è politicamente discutibile che una riforma costituzionale non si avvalga dei contributi di coloro che hanno idee costruttive se non erano presenti al Nazareno, vedasi soprattuto l’eleggibilità del nuovo Senato che va messa in relazione con la nuova legge elettorale. È evidente che un doppio dispositivo che presuppone istituzioni di nominati e non di eletti e per di più in assenza di una legge costituzionale che cambi le modalità di elezione del presidente della Repubblica e dei laici di Csm e Corte, risulterebbe indigeribile, e questa sì profondamente antidemocratica. Una minoranza, dice Renzi, non può pretendere di legiferare. Giusto. Ma una minoranza, per di più di nominati, che diventa maggioranza grazie a un premio, non può pretendere di prendersi tutto, diventando assoluta.
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