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Tra consolazione, gufi, caos e speranze

15 Agosto 2014 1.516 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Metto il dito sulla piaga. Anzi su due piaghe. E comincio dall’Europa. Dovremmo essere soddisfatti perché anche la Germania conclude il suo secondo trimestre con un meno 0,2? Siamo in buona compagnia, mentre la Francia e ferma e tutte le altre economie dell’eurozona aumentano (dallo 0,8 del Regno unito allo 0,5 dell’Olanda). Il fatto che sia la Spagna sia il Portogallo abbiano ripreso a crescere (più 0,6 cadauno) non ci preoccupa più di tanto. Per l’economista della task force renziana Marco Fortis “ce la caveremo meglio degli altri”.

Anche perché abbiamo un avanzo primario consistente e che dura dal 1991. Adesso è di 40 miliardi. Peccato che col debito al 132 per cento del Pil noi paghiamo 85 miliardi l’anno di interessi. Dunque più del doppio del nostro attivo annuale, depurato degli interessi. E che rischia naturalmente di salire se il Pil non aumenta e la spesa non diminuisce. E poiché il Pil non aumenta, ma cala, per stare dentro il 3 per cento dobbiamo per forza far tagli alla spesa. Ecco la prima piaga. Lo sviluppo che non c’è è la spesa che cala di poco.

Diciamo la verità. E questo è un punto che divide sinistra e destra, tranne in Italia dove anche la destra è sulle posizioni della sinistra. Che senso ha conteggiare nel deficit anche gli investimenti che producono lavoro e sviluppo? Nel patto di stabilità si è addirittura impedito agli enti locali di spendere i soldi che avevano in grembo per gli investimenti e addirittura per opere già iniziate, mandando in crisi aziende e sul lastrico lavoratori. Che razza di follia è mai questa? Anche sui fondi europei. È chiaro che se io devo calcolare nel deficit anche i fondi integrativi di quelli europei non posso spendere questi ultimi. Dunque sforare per gli investimenti non è solo razionale, è utile per abbassare il rapporto deficit-Pil.

Si dice che questo la commissione lo ha ammesso per la Francia che è volata al 4,5 per cento e non per l’Italia che è al 2,7, ma che ha un debito che è il più alto d’Europa dopo quello della Grecia. Dunque si chiede al nostro paese di fare quelle riforme per la riduzione del debito e per il rilancio dello sviluppo che sono la base per accettare qualsiasi sforamento. E questa è la seconda piaga. Tutta e solo nostra. Perché l’Italia è l’unico paese, e sottolineo l’unico, dove non si è fatta una sostanziale modifica del mercato del lavoro, una razionalizzazione della spesa pubblica e adottata una seria riduzione del fisco per le aziende e per il lavoro.

Non resta che augurarsi che Renzi la smetta di cantare vittoria per l’abolizione di qualche stipendio a consiglieri provinciali e senatori, collegandosi su questo a un misto di populismo e di antipolitica improduttivi. Serve ben altro per sconfiggere i gufi. Scherzi pure con gli elicotteri e semini speranze e fiducia. Come un novello redentore. Ma faccia le cose, in fretta. Gli ottanta euro sono acqua fresca. Siamo l’unico paese in cui il personale di Fiumicino sciopera e i turisti sono sommersi dal caos e in cui il giorno di Ferragosto scioperano addirittura i bagnini. Alla crisi si aggiunge il ridicolo. Ci proponga Renzi una sorta di programma stile Schroeder 2001 da approvare subito. E se avrà, oltre ai gufi, contro anche i corvi e i pappagalli, noi saremo con lui. Come siano stati col nostro Marco Biagi e con Pietro Ichino, e coi socialisti europei che a Lisbona lanciarono proprio la flex security, mentre in Italia Cofferati mobilitava il popolo della Cgil per la conservazione. Le ferie di Augusto sono trascorse. Che Cesare s’imponga.

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