Pd partito?
Il Pd é ancora un partito? A leggere il resoconto e il commento di Pierluigi Battista sul Corriere di oggi pare proprio di no. Quando un segretario reggente parla di odio e un ex segretario invita a non usare il termine “tradimento” la convivenza sotto lo stesso tetto si annuncia sempre più prossima al tramonto. Eppure la relazione di Martina é stata votata all’unanimità. Bisognerebbe capire il motivo di una unità non “nella differenza”, come si diceva una volta, ma addirittura nella più aspra contrapposizione prima personale e poi politica.
I gruppi e i sottogruppi non si contano. Basti pensare che l’opposizione a Renzi é talmente frastagliata da non riuscire nemmeno a formulare un documento unico. C’é chi, come Emiliano e Boccia, vorrebbe votare a favore di un governo composto dai Cinque stelle e chi come Orlando e Cuperlo vorrebbe solo dialogare (senza accettare un governo Di Maio) e chi, come Martina, vorrebbe solo sedersi e magari scappare poco dopo, e chi come Franceschini e Zanda vorrebbe solo che Renzi non parlasse mai più. E poi c’é ancora Veltroni che condiziona il voto della Madia e Fassino che critica chi se la prende con Martina. Come anche Zingaretti, che sfodera l’atteggiamento di chi può insegnare agli altri come si fa a vincere. E altri ancora, che sono molto preoccupati delle elezioni perché appena eletti e si agitano, sospirano e annusano cattiva aria.
L’unica cosa chiara, per ora, é che la Direzione ha sostanzialmente accettato la linea esposta da Renzi a “Che tempo che fa” di Fabio Fazio. Anche questo può apparire paradossale, giacché quell’intervista é stata sottoposta a censure e aspre contumelie proprio da coloro che alla fine l’hanno accettata. No dunque al governo Cinque stelle e no al governo della Lega. Si conclude con un “né-né” una direzione che si é trovata dinnanzi a una scelta, alla luce della legge dei numeri. O riconsegnare il partito a Renzi o accogliere la sua politica di netta chiusura ai Cinque stelle. Ma la politica del “né-né”, lascia aperto un varco all’inquilino del Colle.
E da lunedì Mattarella dirà la sua. Anzi farà la sua scelta. Siccome non si possono contrarre accordi né tra Centro-destra e Cinque stelle, né tra questi ultimi e il Pd, si tenterà di lanciare il cosiddetto governo di tregua. Cioè un esecutivo con un presidente incaricato che non dipenda dal alcuno schieramento politico e che tenterà di ottenere la fiducia o la non sfiducia di tutti. Difficile al momento che riesca a convincere i Cinque stelle, e tutt’altro che scontata si annuncia la disponibilità della Lega. Anche perché l’unico asse possibile tra Cinque stelle e Lega potrebbe proprio essere quello che porta rapidamente alle elezioni (magari con un governo di minoranza o col governo dimissionario), attraverso un emendamento del Rosatellum che vi comprenda il premio di maggioranza.
Complicatissimo anche questo. Un premio senza soglia é gia stato definito incostituzionale dalla Corte. C’era nel Porcellum, ma solo per la Camera, ed é stato fatto saltare. Francamente dubito che qualsiasi premio di maggioranza, Costituzione alla mano, possa essere legittimo per il Senato. Se si introducesse un premio al 40 per cento questo é gia implicitamente previsto dalla combinazione tra proporzionale e maggioritario contemplato dal Rosatellum. Dunque, di cosa si parla? Paradossale che il confronto politico sia oggi animato da comici e da cantanti. All’endorsement di Orietta Berti ha fatto riscontro quello di Iva Zanicchi quest’oggi, dopo il commento politico di Pippo Franco ieri sera. Attendiamo con curiosità fino a che punto si scivolerà in basso nella scala politico-musicale.
E questo mentre l’Italia dovrà rispondere alle incursioni di Moscovici sul debito anche attraverso il Dpef che dovrà essere approvato a giorni dai due rami del Parlamento, mentre si dovranno reperire quasi trenta miliardi per evitare l’aumento dell’Iva nel 2019 e nel 2020, inserito come clausola di salvaguardia. E mentre l’Europa muove passi in direzione di nuovi accordi tra Francia e Germania che ci escludono, noi continuiamo a tergiversare. Il balletto italiano assomiglia a quello animato dal complessino musicale sul Titanic. Forse per questo s’odono stonati gli accenti di vecchie cantanti che sorridono allegramente. Mentre gli italiani intonano vecchi e nuovi lamenti. D’altronde fin che la barca va…
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