Giletti e il coccolone
Quando si parla di Massimo Giletti e della sua Arena bisogna fare attenzione. Si tratta di un programma che per catturare pubblico alla domenica sera, quando il calcio generalmente imperversa, deve abbinare notizie a spettacolo. Giletti non é mai stato un giornalista politico ed é più avvezzo a commentare telenovelas. Bravissimo a tener viva l’attenzione dei telespettatori sulle feste con droga e stupri a casa Genovese mettendo in onda sfibbranti e ripetitive puntate senza fine, é in evidente difficoltà a reggere una discussione sulla guerra in Ucraina tenendo il punto. Così decide di far prevalere il clamore. E si reca prima a Kiev e poi a Mosca sulla piazza, circondato da un propagandista russo e da un’assatanata giornalista che per quaranta minuti recita a memoria il vangelo putiniano che si regge sull’assunto: “La guerra in Donbass é cominciata nel 2014. E l’intervento russo, perfino tardivo, arriva otto anni dopo”. Nessuno (lo hanno fatto poi in studio Mirta Merlino ed Emanuele Fiano) che gli chieda chi ha cominciato a sparare e a chi nel Donbass e se quella regione appartenga o meno all’Ucraina e perché Putin ha invaso l’Ucraina e non solo il Donbass. Nulla. Alla fine della scostante cerimonia a difesa del Cremlino il buon Giletti ha perso i sensi. E subito a pensare che l’abbia fatto apposta. Per dare un pizzico di peperoncino in più allo show. Forse, invece, é svenuto davvero, ma si é rianimato per farsi ritrovare armato del suo microfono subito dopo “più forte che pria”. E in verità un po’ provato. Caro Massimo, dovevi saperlo che la propaganda russa colpisce i giornalisti. E a te é andata anche bene…
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