Melonioso
Discorso necessariamente ambiguo, a tratti nebuloso e anche noioso quello di Giorgia Meloni al Senato all’indomani di quello di Mario Draghi sul piano europeo, denso di dati e di proposte logiche e convincenti. In un certo senso la Meloni ha negato se stessa, definendo il piano Von der Leyen “roboante: e solo “una possibilità” e che “l’Italia valuterà con grande attenzione l’opportunità o meno di attivare gli strumenti previsti dal Piano”. Un sostanziale rinvio del sì gradito a Forza Italia e del no gradito a Salvini. Ma Fratelli d”Italia al Parlamento europeo aveva votato sì. La relazione della presidente del Consiglio è apparsa una lunga introduzione a un congresso di un vecchio partito. Ha trattato tutto, dai dazi a Israele, dell’immigrazione alla Siria, dalla crisi dell’auto all’energia, dal ponte tra Europa e Usa, della quale si sente essa stessa il perno, all’Ucraina e al ruolo di Trump, per finire alla proposta Von der Leyen degli 800 miliardi da spendere per la difesa lodandosi e imbrodandosi per averle fatto cambiare nome da Rearm Europe a Difend Europe e registrando il fatto che solo 150 miliardi verranno concessi a titolo di prestito e 650 dovranno essere individuati dai singoli stati a debito senza che questo, fino al più 1,5%, venga conteggiato nei vincoli del patto di stabilità. La presidente del Consiglio ha mediato per trovare l’intesa con la Lega ai limiti dell’impossibilità negando che tra la necessità di spendere soldi per la difesa europea e le posizioni di disimpegno di Trump ci sia correlazione. Ma allora che necessità ci sarebbe? E sui dazi ha preso atto che sono già stati imposti quelli del 2018, tolti dall’amministrazione democratica nel 2021, e che altri potrebbero essere messi senza un minimo di rimprovero se non di condanna. L’opposizione è anch’essa divisa tra una posizione di contrasto assoluto al piano Von der Leyen dei Cinque stelle e una più morbida, frutto della mediazione tra Schlein che chiede solo “un radicale” (i riformisti propendevano per “profondo”) mutamento del piano. Tutto questo appartiene al presente. Ma il futuro? Reggeranno queste asfittiche mediazioni su aspetti fondamentali della collocazione dell’Italia per giustificare questo bipolarismo ancien regime? E’possibile che chi combatte per la libertà e l’indipendenza dell’Ucraina anche augurandosi che a una pace dignitosa si arrivi presto sia alleato con chi di fatto preferisce la resa di Kiev all’invio di nuovi aiuti militari? E’ possibile che tra un governo laburista come nel Regno Unito e un governo popolare e socialista come quello che si formerà in Germania e che regge la maggioranza in Europa possa esistere convergenza e che solo in Italia invece le due coalizioni siano macchiate da contrasti di fondo e costrette tuttavia a rimanere insieme? Il nuovo mondo è la nuova Europa comportano la necessità di creare anche la nuova Italia.
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