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Le due sinistre

24 Aprile 2025 45 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

In Italia ci sono sempre state due sinistre e non sono affatto scomparse dopo la fine del comunismo. Anzi, bisognerebbe rinnovare il lessico della politica, eliminando anche il termine “comunista”. Fassino, che é stato uno dei massimi dirigenti del Pci, ha dichiarato in un suo intervento su Israele e la Palestina, cose che neanche a me, che sono stato tra i fondatori del gruppo parlamentare Amici di Israele, verrebbero in mente, mentre la Schlein, che comunista non é mai stata, anche per l’età e la tradizione della famiglia (suo nonno, Agostino Viviani, era senatore socialista), é oggi schierata su posizioni massimaliste e populiste al pari di Conte e Fratoianni, coi quali ha firmato una mozione sulla Palestina, senza un accenno ad Hamas, e ha sposato tutti i referendum di Landini. In effetti le due sinistre, quella riformista, liberale e libertaria, e quella estremista, ora rivoluzionaria, ora solo massimalista, pre esistevano alla nascita del comunismo. E secondo me ora gli succedono. E’ un fatto che le due sinistre, tranne per la lotta alla dittatura, e non sempre (dal 1939 al 1941 i comunisti smisero di combattere il nazifascismo in ottemperanza col patto Ribbentrop-Molotov e furono per questo messi fuori legge nell’anti nazista Francia) e per la Resistenza (tranne i conflitti e taluni eccidi perpetrati contro le brigate non comuniste), non furono mai dalla stessa parte. Saragat preferì allearsi col centro democristiano a fronte di un Psi frontista, Nenni scelse la strada del centro-sinistra e dell’unificazione a fronte di un Pci ancora subalterno a Mosca. Ancora prima, Turati, Matteotti, Rosselli, aderirono al Psu che voleva allearsi coi popolari e i liberali per sbarrare la strada al fascismo, dopo essere stati cacciati dal Psi di Serrati che poi aderirà al Pcdi. E che accadde a Genova nel 1892? Il partito nacque con una scissione tra socialisti e anarco operaisti. L’odio per Turati e Prampolini crebbe a tal punto che due sedicenti anarchici, nel 1889, addirittura attentarono alla vita dell’evangelico Camillo. Cioè il conflitto tra le due sinistre (che dire dell’omicidio di Camillo Berneri da parte degli stalinisti durante la guerra di Spagna e la lotta di questi ultimi al trozkismo, la tragica fine di Toszky e di alcuni suoi proseliti) fu addirittura più duro e anche cruento della lotta con i conservatori. Si dirà. Ma questa é storia. E che c’entra col presente? C’entra, perché anche dopo la caduta del Muro le due sinistre non sono state seppellite. Una é rimasta riformista, liberale e libertaria. Non parlo di partiti ma di tendenze politiche. L’altra é diventata post ideologica e permeabile ad ogni sussulto estremo e populista. Nell’intervista odierna alla figlia di Giuseppe Saragat, apparsa sul Corriere, si accenna al temperamento di lui, piuttosto incline a non essere schiavo del consenso. Se Saragat pensava che una cosa fosse giusta la faceva, se pensava fosse sbagliata la combatteva. A prescindere dai sondaggi, che un tempo non prevaricavano il confronto politico. La sinistra post ideologica e filo populista invece cavalca sempre la tigre anche se sa benissimo che, come diceva quel proverbio “il difficile é scendere quando la tigre é in corsa”. S’avverte addirittura un legame inconscio con la sconfitta. Dove mai porti il triasse Pd, Cinque Stelle e Avs lo sanno perfettamente anche loro. Porta diritto alla vittoria della Meloni. Come gettarsi a capofitto sui cinque referendum della Cgil senza appoggiare la proposta di legge riformista della Cisl relativa alla partecipazione dei dipendenti nei consigli della aziende sul modello tedesco. Perché dovrebbe essere chiaro ormai ovunque in Europa, vedi la vittoria del laburista Starmer nel Regno unito che ha fatto giustizia dell’esaltante sconfitta del massimalista Corbyn, che la sinistra vince se guarda al centro, se sottrae voti all’altro polo e magari se convince i non votanti a votare. Ma gli astenuti, le masse degli astenuti, non si convincono con le parole e le promesse, ma coi fatti, con una ebrezza nuova che si deve respirare nella politica e non con vecchie e stanche liturgie già sentite e sconfitte nella storia del secolo precedente.

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