I quattro errori di Bersani
Lasciamo perdere la campagna elettorale a toni bassi, senza suscitare emozione e speranza. Lasciamo stare quel rincorrere Monti senza accorgersi che da un’altra parte provenivano i pericoli. Parliamo della fase post elettorale. Primo errore. Pensare che il movimento di Grillo si potesse comportare come un partito tradizionale. E accettasse una trattativa, leggesse e approfondisse quei suoi otto punti, apprezzasse l’elezione dei presidenti di Camera e Senato, cedesse dunque all’idea di votare la fiducia al Senato al suo governo, o a quella più stramba di renderne possibile l’avvio uscendo dall’Aula, che tra tutte le tattiche parlamentari è quella che meno appartiene a un movimento che sostiene la trasparenza dei suoi atti come una religione, anche se a volte la tradisce. Il movimento di Grillo ha trattato Bersani peggio di un reperto archeologico, coprendolo solo di offese, a partire dal Gargamella della campagna elettorale per finire al “puttaniere” dopo l’ultimo accorato incontro. All’apertura si è risposto con lo scherno. Secondo errore. Escludere un governo che potesse reggersi su un palese rapporto di collaborazione col Pdl. Capisco le reticenze e anche le contrarietà. Capisco la difficile, se non impossibile, persuasione del gruppo dirigente del Pd e forse anche del suo elettorato. Resta il fatto che dopo il risultato elettorale l’unico equilibrio possibile era quello. Hic rodus hic salta. Terzo errore. Trattare su tutti i tavoli. Compreso quello del Pdl che si dichiarava di escludere. D’accordo, una cosa è il governo altra sono le istituzioni. Resta il fatto che la trattativa metteva insieme le due cose, tanto che alla fine il Pdl avrebbe dovuto rendere possibile la fiducia al governo, uscendo dall’Aula e creando un governo dalla maggioranza… in corridoio. E questo con lo stesso programma che si era prima sottoposto ai grillini, magari escludendo il solo conflitto d’interessi. E naturalmente rimangiandosi, e siamo al ridicolo, il proposito di votare l’ineleggibilità di Berlusconi. Quarto errore. Adesso, magari il Pd voterà un governo del presidente assieme al Pdl. Non sarà un governo di unità nazionale, ma cosa lo distingue? Sarà retto da una maggioranza di unità nazionale. Sarà esattamente come il governo Monti, dal quale il Pd ha ricavato la conseguenza della inaffidabilità di Berlusconi. Cioè il Pd farà esattamente quello che ha solennemente escluso. Atro non c’è, se non tenere per quaranta giorni l’Italia senza governo e senza elezioni, perché siamo nel semestre bianco. Coi gravissimi rischi ai quali sarebbe esposta. Lasciando poi al nuovo presidente della Repubblica, a maggio, il compito di sciogliere le Camere, magari dopo avere esperito un nuovo disperato tentativo. A questo punto siamo arrivati. Possibile non averlo previsto?
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