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Dopo Masini l’addio a Luciano Serra

11 Febbraio 2014 31.700 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Se ne sono andati a un giorno di distanza. Sergio e Luciano avevano tanti caratteri in comune. Massini era un reggiano del 1924, Serra del 1920. Entrambi professori, uomini di cultura, legatissimi alla loro città e umili e diretti nel modo di scrivere e di parlare. Allegri e appassionati alle compagnie e alla storia. Serra era curioso e vorace di tutto, amico di Pier Paolo Pasolini, com’è stato ricordato, aveva scritto di storia locale, utilissimo il suo “Storia di Reggio” scritta assieme a Gino Badini, di pittura, di architettura, di musica, di sport. Aveva curato un volume di storia dello sport e la storia della Reggiana calcio a capitoli e pubblicata sulla rivista “Reggio Storia”, della quale era vice direttore. Appassionato di dialetto scrisse un libro in due versioni dal reggiano all’italiano e viceversa assieme a Giuseppe Ferrari. Lo ricordo partecipe della nostra esperienza storica, la fondazione dell’Istituto Piero Marani nel 1981, diretto da Giorgio Boccolari, e quella del periodico di storia storia socialista l’Almanacco, diretto da Nando Odescalchi, che uscì per la prima volta nel 1982. Collaborò sempre scrivendo cose inedite e sconosciute di Camillo Prampolini, di Zibordi, di Roversi e di altri. E fu tra i relatori al convegno su “Prampolini e il socialismo riformista”, promosso nel 1978 a Reggio grazie a Ivanna Rossi in collaborazione con l’Istituto di studi storici socialisti di Firenze, coordinato dal professor Maurizio Degli Innocenti. Perché questo Luciano sapeva fare più di ogni altra cosa. Fornire contributi originali e frutto di attente e meticolose ricerche. Il suo modo di scrivere era quello di Sergio. Entrambi usavano la prosa semplice, diretta, con frasi brevi. Sapevano farsi leggere e ascoltare. Cosa sempre più rara nel mondo di oggi. Sapeva sorridere sempre Luciano e prendere in giro anche se stesso. Cosa assai complicata. Mi capitò di premiarlo un paio di anni fa quando era quasi infermo e al momento della premiazione esclamò ridendo: “Sono un po’ traballante”. Solo nelle gambe, però.

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