Curiosi precedenti, drammatici ritardi
Non entro nel merito dell’azione giudiziaria contro Salvini. Ho sempre pensato che le questioni politiche le deve risolvere la politica. Ma in questo caso c’erano illegittimità, sul divieto di sbarco e sul rispetto dell’articolo 10 della Costituzione. Oltretutto lo sbarco e il riconoscimento dei componenti l’imbarcazione della Diciotti avrebbe consentito di individuare anche prima la presenza dei quattro scafisti, oltre a quella delle decine di eritrei che hanno il sacrosanto diritto di ottenere l’asilo politico, delle diverse donne che hanno subito violenza e dei passeggeri malati di scabbia. Dobbiamo ringraziare Irlanda, Albania e soprattutto la Chiesa se quei poveretti potranno trovare assistenza. Dell’azione della magistratura, che oltretutto finisce per rafforzare Salvini, avrei fatto volentieri a meno anche se francamente era assai difficile evitarla.
Nel fondo del Corriere di oggi Mario Monti mette in guardia gli italiani sulla svolta illegale di politica estera che Salvini si appresta a sancire con l’incontro con Orban relativo all’alleanza tra l’Italia e il gruppo di Visegrad (Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, alle quali pare intenda aggiungersi l’Austria). Non c’é solo una questione di merito (questi sono paesi che i migranti che sbarcano in Italia non li vogliono, che contestano le quote e la revisione di Dublino 2, che si oppongono a una maggiore integrazione europea e che dall’Europa nel bilancio dare-avere lucrano decine di miliardi, contrariamente all’Italia che ha un passivo di oltre 30 miliardi). C’é anche un problema di procedura costituzionale. Chi ha deciso questa nuova collocazione dell’Italia? Il governo, il parlamento, il presidente del Consiglio, il ministro degli Esteri? Non pare. Salvini può invertire la linea di politica internazionale ed europea dell’Italia praticamente da solo o dopo una telefonata con Di Maio?
Tutto questo rappresenta un passo pericoloso e molto delicato della triste vicenda italiana e le reazioni del mondo democratico assomigliano, nelle loro diverse articolazioni, a quelle dell’inizio dell’avventura fascista, che pure aveva alle spalle (la guerra vinta e il bolscevismo imperante) ben altre e più razionali motivazioni. Anche oggi come allora in trincea vanno non gli estremisti di sinistra, ma i riformisti, i democratici, i liberali. Oggi si schierano i Cacciari, i Monti, i Calenda, se volete e con toni ancora più accesi il nostro Ugo Intini che parla di un nuovo Cln, mentre la sinistra del Pd occhieggia ancora, vedi Emiliano e Damiano, alla parte più socialmente sensibile della maggioranza, protesta coi grillini contro la Tap, apprezza il decreto Di Maio sui vincoli al lavoro precario, mentre quel che resta di LeU sostiene il progetto di nazionalizzare le autostrade.
Esattamente quel che avvenne di fronte al primo governo Mussolini che approvò le otto ore di lavoro col plauso di quel che rimaneva del sindacato e che poi troverà nel corporativismo un terreno d’azione molto apprezzato anche da settori socialisti. Quel che anche allora non si capì era la frattura democratica che il fascismo aveva sancito. Lo capirono i liberali di Amendola, e prima ancora di Gobetti, lo capirono i riformisti di Turati, di Matteotti e di quel Zaniboni che decise di attentare alla vita del duce. E sapete perché i rivoluzionari, massimalisti e comunisti di ieri e i nuovi estremisti o radical chic di oggi non lo hanno capito? Perché manca a loro un’autentica cultura democratica. Perché pensano, al contrario di quel che sosteneva il nostro Pertini, che una buona riforma sociale possa valere qualche rinuncia democratica.
Cosí l’opposizione perse allora e perde oggi. Non bastano sporadiche e discutibili sfilate al porto di Catania, come non bastò allora un Aventino dal quale si distaccarono, non a caso, proprio i comunisti per tornare in Aula coi fascisti. E non serve la curiosa lamentela secondo la quale l’opposizione a Salvini rafforza Salvini, esattamente come tutti gli attentati a Mussolini rafforzavano il duce. E a Salvini auguro lunga vita oltretutto per questo. Occorre un progetto alternativo di società e di stato, che non annulli i problemi oggi procurati da ondate migratorie che non si fermeranno, ma le concili con l’esigenza di sicurezza dei cittadini, cambiando radicalmente la gestione dell’immigrazione, che corregga i gravi errori di ieri e si proponga con soggetti politici e dirigenti del tutto nuovi.
Già Minniti aveva iniziato senza grida manzoniane e azioni illegittime e disumane ad affrontare il tema delle partenze. Bisognerà che l’opposizione sistemi un progetto che blocchi lo sfruttamento dei migranti nei campi del Sud, che renda illeciti i profitti delle cooperative, che obblighi i migranti nostri ospiti a lavorare, che non li assembri nelle periferie urbane, che renda possibili i rimpatri dei clandestini attraverso accordi politici ed economici coi paesi d’origine, che nel contempo accolga a braccia aperte tutti i profughi non solo dalle guerre ma dalle dittature come recita l’articolo 10 della Costituzione, che salvi il maggior numero di migranti in mare, che curi i malati, dia da mangiare agli affamati e da bere agli assetati. Mi verrebbe voglia di dire che opponga a un’azione ispirata dall’egoismo e dal più ottuso nazionalismo un’etica e un progetto cristiani. Anche oggi, forse come all’origine del movimento socialista, c’è bisogno di un’etica e non è un caso che uomini come Prampolini la trovassero proprio nel messaggio cristiano.
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