Pd alla frutta…
Forse sarebbe meglio dire “nemmeno all’antipasto”. Visto che non riesce nemmeno a cominciare quello. D’altronde Calenda doveva saperlo. Chi di cena ferisce, di cena perisce. Povero Carlo, che pensava a un invito innocuo quanto costruttivo con Renzi, Gentiloni e Minniti, da consumare a casa sua, magari sul balconcino al lume di candela iniziando con qualche crostino e vino piemontese. Apriti cielo. Già i commensali si sono sentiti in dovere di giustificarsi.
Gentiloni ha premesso che non é con le cene che si risolvono i problemi e Renzi dalla Cina (chissà perché tutti vanno in Cina. La Cina è vicina, vero Di Maio?) ha chiosato sulla cena delle beffe. Zingaretti, sentendosi escluso non a caso, ha subito promosso un’altra cena in trattoria, una cena popolare e progressista, con un operaio, un imprenditore, uno studente e un professore. In stile vecchio Pci e col salame che é di sinistra, mentre i crostini sono decisamente di destra. Anche Orlando, non invitato né alla cena né alla controcena, si é sentito in dovere di dire la sua e Martina, un segretario a dieta, anche troppo, ha preferito glissare e dare appuntamento al 30 settembre per l’oceanica manifestazione del Pd.
Orfini si sarà chiesto se anziché sciogliere il Pd qualcuno avesse gia sciolto lui ed Emiliano avrà sentito il dovere di avvisare Di Maio che la cena si svolgeva a Roma, precisandogli che é nel Lazio. Calenda a questo punto ha rinunciato. Meglio un aperitivo? Credo che a quel punto si sarebbe passati alla guerra degli aperitivi. Il Pd non deve parlare, non deve mangiare e neppure bere, altrimenti si divide. Meglio stare mummificati
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