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Dibba e Dimma

4 Gennaio 2019 613 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Ormai é chiaro che il traguardo sono le elezioni europee. Si tratta di un banco di prova assai significativo per gli sviluppi dell’Europa, ma anche di un termometro che segnerà i destini del governo italiano. Lega e Cinque stelle si guardano in cagnesco, si controllano, si inviano reciproci segnali di guerra, con messaggi tutt’altro che cifrati.

L’ultimo è quello derivato dall’incontro tra i due, Dibba e Dimma, il primo rientrato dopo il giro del mondo in ottanta giorni, ben pagato per abbronzarsi lontano dai pericoli della contaminatio governativa, il secondo reduce da mesi di vice presidenza del Consiglio con la scure, anche elettorale, di Salvini sul capo assieme a un reddito di cittadinanza ancora da definire. L’attacco sferrato consiste nella proposta di tagliare gli stipendi dei parlamentari, cosa buona e giusta e tutt’altro che incostituzionale perché non retroattiva. La Lega ha reagito cambiando discorso. Non è scritto nel contratto, non è una priorità. Allunghiamo il brodo, rispondono i leghisti, con la proposta di diminuire il numero dei parlamentari (ci vorranno anni, quattro letture parlamentari e forse un referendum confermativo essendo legge costituzionale).

La Lega ha tassato i suoi parlamentari che ogni anno portano alle casse leghiste circa 800mila euro, il mutuo annuale per pagare i 49 milioni sottratti dai precedenti vertici. Soldi in pratica sottratti allo stato. Dimma e Dibba lo sanno perfettamente e per questo tentano di mettere un sassolino nell’ingranaggio delle ruote leghiste che finora hanno girato a meraviglia traguardando, secondo i sondaggi, percentuali doppie rispetto al 4 marzo. E in parte a scapito del serbatoio grillino. Salvini è tranquillo. Anche senza gli affondi di Berlusconi, spesso impegnato, lui uomo di calcio, in una campagna di prelievi parlamentari significativi, il capitano della Lega può tranquillamente fare a meno dei Cinque stelle, imbarcare Berlusconi e la Meloni come gregari e governare subito con un gruppo di neo responsabili ex grillini o vincere le elezioni, in entrambi i casi come presidente del Consiglio. Dimma e Dibba come Flik e Flok forse non lo hanno ben capito. Salvini é come quel tale che può comprare il pane da due forni, la frase andreottiana riguardava il rapporto che la Dc poteva giocarsi coi due partiti della sinistra dopo la fine del comunismo e del Pci. E quello che potrebbe derivare dalla fine del rapporto coi Cinque stelle é perfino un pane migliore per il leader leghista. L’alternativa al governo Lega-Cinque stelle è infatti un governo non già di centro-destra ma di Lega più due consapevoli gregari. Con Salvini che da vice salirebbe a premier.

O forse Flik e Flok lo sanno e pensano che dopo le europee sia meglio scappare. Tornare all’opposizione, rifare propaganda accusando magari l’alleato di non volere il cambiamento. Rassegnarsi all’idea che il potere logora chi ce l’ha e che governare é oggi l’arte più difficile e pericolosa, Renzi docet. Conteranno i voti delle Europee. I due vice non pensano ad altro. Uno vuol distribuire i soldi, non si sa come e a chi, del reddito di cittadinanza prima del voto, l’altro conta più che sulla Flat tax e su quota cento sulla svolta migranti come argomento propizio. In questi cinque mesi ne vedremo delle belle. La sfida é solo all’inizio. Non chiedetemi perché non parlo dell’opposizione e in particolare della sinistra. Battano un colpo….

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