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L’offensiva di Israele e le bandiere bruciate

4 Gennaio 2009 754 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Sarkozy non ha perso tempo a condannare l’invasione di Gaza da parte delle truppe israeliane. Il governo italiano, per ora, tace. Non è un bel vedere. E pensare a Craxi, che non ebbe alcuna riseva a condannare i bombardamenti di Reagan su Tripoli e Bengasi del 1986, dopo che già, l’anno prima, c’era stata l’offensiva di Sigonella, pensare a Craxi che non ebbe reticenza a criticare Israele per la mancata cessione dei territori come gli imponevano diverse risoluzioni Onu, viene da piangere. L’Italia è il paese più eposto nel conflitto medio orientale. Anche geograficamente. Mi chiedo perchè non assumere una posizione che metta in rilievo: la condanna più severa nei confronti di Hamas e della sua politica terroristica che, non riconoscendo Israele, mina la possibilità di un dialogo, il pieno riconoscimento del diritto di Israele a difendersi dagli attacchi dei missili Kassam che hanno provocato quattro morti nel suo territorio, ma anche l’assoluta sproporzione della risposta costituita da attacchi aerei che hanno mietuto circa 400 vittime, molte civili, e da un attacco di terra, proprio nel momento in cui il mondo intero chiedeva ad Israele di fermarsi e prima che il nuovo presidente americano Obama iniziasse il suo mandato. Mi chiedo: quando Israele si fermerà? Vorrà rioccupare i territori che con coraggio Sharon ha riconsegnato ai palestinesi, vorrà dimostrare che questi territori sono sotto la sua stretta e rigorosa sorveglianza, vorrà continuare a ritenere la questione della sua sicurezza come solo sua e non appartenente alla comunità internazionale? Se l’attacco israeliano rischia di rafforzare proprio gli estremisti di Hamas e di mettere in maggiore difficoltà Abu Mazen e i moderati, in particolare i governi egiziano e giordano, le bandiere bruciate anche in Italia, anche a Reggio, rafforzano invece chi crede nella guerra come l’unica soluzione. Costoro andrebbero banditi dai cortei ai quali partecipano anche arabi moderati e politici di sinistra.

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