Delrio annuncia le sette bellezze. Ma io non ho capito
Molto astratte le sette bellezze di Reggio secondo Delrio che ha illustrato bilanci e obiettivi della sua giunta al teatro Ariosto. Cosa vuol dire: “Mantenere il tasso di occupazione o essere tra le prime dieci italiane per Pil?”. Si tratta di realtà, di orrizonti programmatici o di cos’altro? E in particolare cosa intende fare il Comune di Reggio per realizzarli? Più misterioso ancora il terzo punto: “Raddoppiare il tasso di classe creativa dal 18% al 36%”. Lo vada a dire in giro nei bar e nelle piazze per vedere se gli danno ragione. Ma cosa vuol dire? Non si può parlare in italiano? Più semplice “aumentare il numero dei laureati del 20%”, soprattutto quando si chiudono le facoltà universitarie. Finalmente una cosa concreta: al punto cinque: “Completare l’anello delle tangenziali e avviare i lavori della via Emilia bis”. Speriamo. E la stazione Tav? Perchè non vi figura anch’essa? Un pò spericolato il sesto: “Aumentare del 20% (chissà perchè sempre il 20, numero magico?) il numero di passeggeri sul trasporto pubblico”. Ma ci vogliono anche più mezzi. E l’Act che ne pensa? Infine non poteva mancare la sicurezza, ma solo sui posti di lavoro, giustissima, sacrosanta, ma nella città? Omissis. Omissis anche sulla cultura, sul teatro, sullo sport. Si farà il palazzetto? E lo stadio he fine farà? Problemi infimi per chi è chiamato a elaborare un progetto più filosofico che pratico.
Sono contento che le sue considerazioni che leggo qui siano le stesse che ho fatto anch’io.
Cui ne aggiungo anche altre.
Mi limito qui ad una: com’è che guardando il progetto di fusione tra Enìa ed Iride si scopre che regaliamo a Genova e Torino tutta la nostra capacità industriale – e soprattutto la titolarità sulle relative decisioni – e tutto il mercato, oltre ai nostri soldini, e per tutto questo abbiamo in cambio solo qualche delega di finanza al professore che il sindaco ha messo come AD? Com’è che anche se Iride litiga al proprio interno, che il comune di Torino è quasi in bancarotta, che Genova e Torino insieme prendono a schiaffi l’Emilia ogni volta che vanno sui giornali, com’è – dicevo – che il nostro sindaco parla invece di “forte volontà politica” per fare questa fusione?” A me sembrano follia la decisione di farla, iattura l’eventualità che si faccia, e molto personali gli unici tornaconti intravedibili…
Mah…
Quo usque tandem, Catilinae, abutere patientiae nostre?
…eh, sarà la fretta mentre devo scappare a pranzo, sarà l’incipiente senilità, tant’è va a finire che ti sbaglio pure il latino. Per la salute mentale dei nostri studenti di liceo riscriviamogliela giusta, va…: Quo usque tande, abutere, Catilina, patientia nostra? visto che Catilina è singolare e abutere regge il dativo… ma va che figura… beh almeno sarò considerato uno che non sale in cattedra (eh eh eh).
Alla prossima
eh ma mi sembroh andicappato! m’è sfuggito pure un errore di battitura (tandem, ovviamente, mica tande) e pure una virgola di troppo. Caro del Bue, sia bravo, butti questi due post e corregga lei quello iniziale, sempre se lo vuol pubblicare, rendendo giustizia alla prima catilinaria di Cicerone. E va da sé che il mio Catilina sta a palazzo.
Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?
Grazie, mi sa che ho finito per abusare io della sua, di pazienza…
Scusa Mauro,
ti sei scordato di annotare che la presentazione all’americana (Teatro e TV) di Del Rio è stata fatta senza le folle Obamiane: il teatro era semivuoto.
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