La segreteria del Ps frena su Sinistra e libertà
Nencini è stato esplicito. E ha chiesto a Sinistra e libertà un pronunciamento sulla collocazione europea, affermando che quella socialista non è equiparabile a quella comunista. In tanti hanno sottolineato che Sinistra e libertà non può diventare nè un partito nè un superpartito, ma solo una federazione di partiti, e che dunque ogni organismo che si dovesse costituire non può non tenerne conto. Emerge sempre più forte l’idea di fare perno sull identità socialista e di guardare al congresso del Pd come ad un momento essenziale per un nuovo dialogo, senza trascurare la crisi del berlusconismo e del Pdl alla luce delle ultime vicende. Per le elezioni regionali Nencini ha proposto una geometria variabile, dunque non più la sola aggregazione di Sinistra e libertà. La segreteria ha poi all’unanimità chiesto ai compagni Bobo Craxi e Lanfranco Turci di ritirare le loro dimissioni.
Cari Socialisti, la geometria variabile un corno!!!
Sicuramente perderete il mio voto. Spero in una immediata smentita.
Vogliamo replicare l’ottimo 0,9% delle politiche 2008? Allora avanti per questa strada!
Forse i socialisti dovrebbero recuperare un pò di credibilità visto che buona parte degli alti esponenti del PS (non certo gli elettori) ha fatto parte della Casa delle Libertà e dopo alcune piroette sono finiti dall’altra parte.
Mi riferisco anche a lei onorevole Del Bue, che può segnare far i suoi meriti anche di essere stato sottosegretario del governo Berlusconi.
In merito a questo tema ed in particolare alle posizioni del PS e dell’area socialista (di cui sono simpatizzante e “per ora” militante “non iscritto”) allego di seguito il post inserito anche sui siti http://www.partitosocialista.it e http://www.sinistraelibertà.it.
Alla imminente assemblea nazionale di “Sinistra e Libertà” i socialisti, a mio modesto avviso, dovrebbero presentarsi con una convincente ed autonoma posizione politica: che promuova un laboratorio aperto di iniziativa e ricerca politica che a partire dalla radicale critica delle tradizionali forme partito proponga ai collettivi ed agli individui innovative modalità di partecipazione politica, tematiche, progettuali, in grado di valorizzare le competenze e le passioni.
I socialisti dovrebbero inoltre rifiutare le spinte verso la costituzione dell’ennesimo partito che finirebbe per essere letto come una ulteriore frazione della sinistra radicale e rilanciare un confronto con i radicale, le componenti laiche del PD, la sinistra liberale e repubblicana.
Mesi fa, ben prima della modifica della legge elettorale che ha introdotto la soglia di sbarramento per le elezioni al parlamento europeo (e che si ipotizzasse la costituzione del cartello elettorale di “sinistra e libertà”) auspicavo la nascita – nel nostro Paese – di un soggetto “largo” della sinistra laica e libertaria (nell’articolo che fu pubblicato da diversi siti di area e – settimane dopo – dal giornale Eco Risveglio).
Successivamente ho invano sollecitato un accordo tra “Sinistra e Libertà” e galassia radicale per le recenti elezioni europee: se ciò si fosse realizzato (stando a quanto dicono le analisi dei flussi elettorali) la fatidica soglia del 4% sarebbe stata agevolmente superata da questa unione (e probabilmente, per una serie di “sommovimenti” anche la lista di unità comunista avrebbe superato lo sbarramento).
Sarebbe però sterile farne solo una questione di numeri, seppure anche quelli contano.
Il problema è che “S&L” è “passata” sui media soprattutto come il “partito di Vendola” ed è stata quindi percepita da larga parte dell’opinione pubblica come l’ennesima formazione della sinistra radicale e come una riedizione “monca” della sinistra arcobaleno.
La visibilità, in questo passaggio, delle componenti e delle culture socialiste, riformiste e verdi mi è parsa sottotono, sottotraccia.
A questo epilogo ha contribuito la stanca retorica della “sinistra senza aggettivi” che sembra essere figlia di un assunto preconcetto – che io non condivido affatto – secondo il quale tutte le tradizioni e le culture della sinistra – in egual misura – sarebbero profondamente in crisi: cadute sotto i colpi del “gigante capitalista” e che dunque tutta la sinistra andrebbe ripensata dalle fondamenta e ricostruita su un cumulo di macerie.
Non condivido questa posizione (e lo dico rivendicando con orgoglio la mia passata esperienza politica nella fgci, nel pci, nella sinistra comunista italiana): non si può neanche lontanamente paragonare il fallimento irreversibile del modello e della ideologia comunista con la crisi di fase che possono attraversare le forze del socialismo democratico e liberale e – forse ancor meno – con lo stato del movimento ecologista in forte ripresa nel nostro continente.
Le sinistre che governano in Europa ed in Occidente sono sinistre riformiste, socialiste, socialdemocratiche, democratiche, liberal.
Sono sinistre che accettano l’economia di mercato e la flessibilità che questa comporta coniugandola con moderni sistemi di welfare centrati sull’individuo, sulla formazione continua, sulla promozione del sapere nella società della conoscenza.
Le parole d’ordine di queste sinistre di governo (si veda ad esempio il programma del PSE di Oporto) sono “flexsecurety” e “welfare to work”.
Sono sinistre che hanno superato abusati schemi classisti e che a un pigro e tradizionale sindacalismo conservatore preferiscono innovative forme di politiche sociali che mirano allo sviluppo economico ed alla sua coniugazione con un sistema di protezione universalistico, di ammortizzatori sociali che oggi sono nel nostro Paese una chimera.
Una società sana non sostiene le industrie e le aziende non competitive, decotte, fuori-mercato: promuove invece la ricerca, l’innovazione tecnologica, la “qualità”.
Una sinistra conservatrice ha per troppo tempo considerato parole come “merito” e “qualità” come parolacce, figlie di infingarde logiche padronali.
Una sinistra conservatrice si è ammalata di statalismo e si è sgolata a gridare “pubblico è bello”, anche in costanza di un servizio pubblico spesso predato da baronie e dalla soffocante voracità delle caste partitocratriche: nelle direzioni sanitarie, nei servizi sociali, nelle municipalizzate, dappertutto…
Difendere il servizio pubblico comporta invece una radicale riqualificazione dello stesso ed una riflessione compiuta e profonda sui due termini in questione :“servizio” e “pubblico”.
Una sinistra conservatrice si è ammalata di senescenza abbarbicandosi a riti e miti vissuti acriticamente come “idoli” incrollabili, come dogmi oggi ridotti a consunte e consolatorie coperte di linus ed a linguaggi arrugginiti e vuoti, liturgie decadenti.
Una sinistra conservatrice ha a lungo confuso l’individuo col “lavoratore” riducendo una prismatica soggettività ad una sola monoculare e piatta dimensione.
Una sinistra conservatrice ha sempre e solo connotato l’”individualismo” in una accezione egoistica e negativa.
Penso invece che l'”individualismo” sia positivo e di sinistra: gli individui prima del partito, della classe, della massa.
Mettendo in testa la “classe”, la “massa”, il partito, l’ideologia comunista (nei Paesi dove è divenuta sistema) ha finito per calpestare gli individui ed alla fine anche (di conseguenza) la “classe”, la “massa”. E’ proprio questa la ragione principale del suo irreversibile e fragoroso fallimento.
Nei Paesi del socialismo reale e del “comunismo”, per come lo hanno conosciuto svariati milioni di persone nel mondo, (che attribuiscono a “quel” termine “quella” classe di significati) lo stomaco non solo era vuoto, stravuoto, ma anche il libero pensiero inibito da un sistema autoritario e repressivo. George Orwell nel suo “omaggio alla catalogna”, ripreso da Ken Loach in “terra e libertà”, rende ben visibile la differenza tra il socialismo ideale (e libertario, umanista) da un comunismo ideologico e totalitario.
Marx è un pensatore che ha prodotto un corpus enorme di riflessioni delle quali alcune, rilette e revisionate, forniscono categorie di riflessione ancora utilizzabili, altre sono da ricollegare al contesto storico ed alle temperie che le hanno prodotte: l’impianto ideologico e prognostico invece, come noto, non funziona. Il marxismo come pensiero politico filosofico può essere discusso e analizzato (al pari di tantissimi altri pensatori da Darwin a Foucault, da Bateson a Hillman, ecc. ecc.), se preso invece come il “verbo” , da sacralizzare, mi sembra tanto una sorta di cieca fede religiosa.
La “rupture” che “sinistra e libertà” dovrebbe rappresentare nei confronti della sinistra conservatrice è ancora – in larga misura – un annuncio, un auspicio, una evocazione.
L’”incompatibilità” supposta del progetto di “S&L” con quello della galassia radicale – agitata da Vendola in campagna elettorale – è stata un duro colpo alla vocazione riformista e plurale di questa “nuova sinistra”.
Ne abbiamo viste tante di “nuove sinistre” invecchiate in fretta e male.
Spero che con l’assemblea dei mille promossa a Chianciano il dialogo tra “S&L” e radicali sia ripreso e apprezzo le recenti iniziative comuni promosse da radicali e verdi (rottamazione edilizia, sulla scorta delle proposte di Aldo Loris Rossi).
Il risultato eccezionale dei radicali nelle città industriali e produttive del nord dovrebbe fare riflettere molto una classe dirigente di “S&L” – in larga misura del centro sud – che con queste aree territoriali ha perso una “connessione sentimentale”.
Oggi vedo intorno a “S&L” , che pur “a fatica” ho votato, pressioni e urgenze che premono verso l’immediata costruzione di un Partito unico.
Penso che queste ipotesi vadano con nettezza contrastate evitando scontate e riduttive scorciatoie organizzativistiche, che chiudono ed ingessano il dibattito in una “gestalt” rigida e uniformante.
Secondo Gennaro Migliore, che spinge verso la “soluzione-partito”: “S&L non dovrebbe guardare al PD ma ricostruire la sinistra” (mi riferisco ad un articolo inserito su http://www.sinistraeliberta.it ). Personalmente non posso condividere affatto questa opzione, contenuta nell’articolo di Migliore.
Il nuovo partito, frutto di una frettolosa fusione a freddo (i contenuti e i linguaggi delle componenti di “S&L” sono per molti versi distanti e per accorgesene basta frequentare i siti ed i blog di area) , apparirebbe soprattutto (per la preponderante visibilità mediatica di Vendola) come l’ennesima formazione della sinistra cosiddetta “radicale”.
Se si deve addivenire ad un soggetto unico preferirei che fosse federativo e plurale: dichiaratamente provvisorio poichè è l’intero campo progressista che si deve ridefinire.
“S&L” dovrebbe essere un soggetto che guarda al socialismo europeo e contemporaneamente alla sinistra liberale ed ai radicali in particolare; un soggetto per nulla indifferente a un fatto storico come le primarie democratiche e che investe e spera in una evoluzione laica, libertaria e progressista del PD: rifiutando l’idea faziosa e volgare che il confronto in corso in quel partito sia uno scontro tra “bande”.
Aggiungo anche che il fatto che Migliore non menzioni (in quell’articolo) neppure la candidatura alle primarie PD di Ignazio Marino, sostenuta da Beppino Englaro, Mina Welby e Veronesi mi sembra sconcertante: pare troppo facile ridurre il PD alla vecchia diatriba Margerita-DS e non notare che stà avvenendo qualcosa di nuovo e positivo.
Il PD entrerà nel gruppo europeo dell’alleanza socialisti-democratici e la battaglia di Englaro e Marino può finalmente spostare l’asse verso posizioni più laiche.
Considerando che – come molti militanti DS – non ho aderito al PD proprio perchè ambiguo sulla collocazione europea ed identitaria e perchè debole sulla laicità oggi ho alcuni, nuovi, elementi di riflessione. Spero che quello di Migliore sia stato un lapsus (non necessariamente freudiano) piuttosto che un riflesso condizionato censoreo “old stile”.
Ad ogni modo se il nostro progetto è quello di costruire una sinistra moderna nel nostro Paese e non quello di guardare il nostro ombelico non possiamo sentirci estranei a quanto avviene nel principale partito di opposizione.
In particolare non possono farlo i socialisti (che rispetto alla proposta di partito unico di “S&L” preferiscono una federazione e che al loro interno hanno posizioni articolate sulla opportunità e sulle modalità di prosecuzione e sviluppo dell’esperienza di “S&L”. Si vedano, ad esempio, le posizioni di Bobo Craxi e Del Bue).
Io penso che Englaro (come anche la radicale Mina Welby) faccia bene a sostenere Marino.
Anzi benissimo: i partiti sono strumenti e non fini a se stessi.
Oggi appoggiare Marino significa rendere evidente e fare uscire dalla marginalità la lotta per i diritti civili e la laicità. Per un Partito Democratico diverso che – se vincesse Marino – potrebbe essere la “casa comune” di democratici, laici, riformisti. E’ una battaglia nobile che potrebbe cambiare il profilo dell’intero centrosinistra e rivoluzionarne le pratiche: a partire da una reale democrazia partecipativa.
Il PS stava nell’ulivo ed era interessato a confluire in un più grande partito riformista e democratico. A mio avviso ha fatto bene a non aderire al PD e a dar vita alla Rosa nel pugno proprio perchè il PD appariva come una sorta di “compromesso storico bonsai” che – all’altare di una fusione a freddo tra Margherita e Ds – ha sacrificato le battaglie laiche e per i diritti civili. Un PD che aderisse al nuovo gruppo al parlamento europeo della allenanza fra “socialisti e democratici” e contemporaneamente eleggesse un segretario come Ignazio Marino (che da credente laico è stato in prima file in battaglie laiche come quella per il testamento biologico) cambierebbe radicalmente profilo rispetto al cerchiobottismo ed al “maanchismo” che, sinora, abbiamo tristemete conosciuto. A quel punto sarebbe il partito riformatore e progressista che molti di idee laiche e socialiste come me vorrebbero.
Uno strumento adoperabile, un terreno agibile.
Certo la strada per arrivarci è tortuosa e improbabile appare l’esisto positivo ed auspicabile della elezione di Marino a segretario.
Ciononostante penso che Englaro, simbolo delle battaglie laiche e socialista libero, faccia bene a mandare quel segnale. Rappresenta un’Italia che vorrebbe un centrosinistra diverso ed un Paese più libero e civile.
Penso inoltre che – come scrive Sansonetti sul quotidiano “l’Altro” (aveva in precedenza invitato Vendola a candidarsi alle primarie PD, in rappresentanza dell’area “Sinistra e Liberta”) – anche l’area a sinistra del PD dovrebbe sentirsi “coinvolta” in qualche forma nelle primarie (anche se sono perfettamente cosciente dei limiti e delle limitazioni imposte dallo statuto, dal divieto di doppia tessera ecc.).
Penso che una iniziativa in tal senso (almeno un sostegno simbolico, delle dichiarazioni di simpatia ecc.) sarebbe opportuna e preferibile alla corsa verso la creazione dell’ennesimo partitino o federazione di partitini. Va bene ripartire da 3, come recitava lo slogan post elettorale di “S&L”, ma bisogna fare i conti con una politica che nelle cose va superando il proporzionalismo spinto in favore di un bipartitismo (seppur “imperfetto”).
Preferirei una sinistra laica forte interna ad un PD inserito nel gruppo socialista e democratico europeo piuttosto che un partito satellite, sempre in affanno e alla ricerca di affannose alleanze. Certo questo sarà impossibile se a guidare il PD sarà una maggioranza che comprende Binetti, Fioroni, Rutelli e persevera nella tradizione “maanchista”.
Sotto il profilo culturale e politico “S&L” dovrebbe caratterizzarsi come un’area in fieri ed i perenne trasformazione. Dovrebbe caratterizzarsi come luogo aperto e laboratorio di riflessione ed iniziativa, dialogo, dibattito, analisi elaborazione di saperi e pensieri critici. Un luogo i cui confini siano permeabili e mobili.
Occorre proporre strategie per una nuova politica.
Una sinistra moderna dovrebbe essere:
1 Aperta: che unisce diverse aree politico culturali di sinistra, socialdemocratiche, liberalsocialiste, azioniste, radicali, federaliste, ecologiste. Nel pantheon di una forza progressista e riformista andrebbero iscritte le tradizioni azioniste, radicali ( dal federalismo europeo del manifesto di Ventotene, all’anticlericalismo di Ernesto Rossi) ma anche la migliore ed eterodossa tradizione interna al comunismo italiano, da Gramsci a Pasolini e pure quelle energie del cattolicesimo sociale che scelgano apertamente la difesa della laicità e la laicità come metodo.
2 LAICA, libertaria, antiproibizionista: che si batta contro l’ingerenza clericale, per l’abrogazione del concordato, per i diritti civili ed individuali, sul modello Zapatero (dal testamento biologico, alle unioni civili, al divorzio breve, ecc.).
3 Che proponga un nuovo e moderno sistema di welfare: attenta alle nuove professioni, al sostegno agli individui (casa, diritto allo studio, sussidi, formazione continua) e non alle industrie decotte.
4 Vicina alle professioni sociali ed intellettuali, a difesa della ricerca scientifica
5 Non violenta, che promuova la cultura della pace e delle democrazia a 360° e non solo in funzione anti-USA
6 Capace di rinnovare la propria classe dirigente (imponendo limiti temporali di mandato) e che non candidi alle elezioni e per nessuna carica istituzionale persone con sentenze passate in giudicato per reati contro la pubblica amministrazione, corruzione, ecc.
7 Capace di rinnovare le forme della partecipazione politica, proponendo associazioni tematiche e impegni a progetto: valorizzando le competenze e le passioni delle persone.
8 Che non viva nell’isolamento ma si batta per un nuovo centro sinistra e una alternativa al governo Berlusconi
Sogno una democrazia liberale all’interno della quale si realizzino i principi solidali ed umanitari del socialismo. Non credo inoltre, come molti a sinistra invece sostengono, che vi sia una gerarchia di importanza delle battaglie da compiere che identifica al primo posto la questione sociale e successivamente le tematiche laiche e libertarie dei diritti individuali.
Penso invece che le diverse questioni siano fortemente interconnesse e che il binomio equità e libertà sia inscindibile. L’errore più grosso che la sinistra tradizionale ha compiuto è stato quello di pensare che alcune battaglie (aborto, divorzio, diritti delle persone omosessuali) fossero secondarie e forse un po’ “borghesi”. La forza di socialisti come Loris Fortuna e di radicali come Pannella e la Bonino è stata proprio quella di rompere questo schema.
Fabio Ruta (Verbania)
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