Due possibili novità per una prospettiva politica
La fondazione di un mini partito socialista che si augura una nuova alleanza coi radicali e l’affermazione della corrente Bonelli-Boato al congresso dei Verdi cambiano il panorama politico dell’area liberalsocialista (chiamiamola così, anche se mi rendo conto che la definizione è quantomeno discutibile). Bobo Craxi fonda un ennesimo reperto socialista senza corpo elettorale. Ancora un’ìllusione, l’ennesima, per i socialisti italiani, quei pochi che tentano di arrampicarsi ancora solo sugli specchi della vecchia identità. Si tratta di un errore, è chiaro. E questo ho detto più volte all’amico Bobo. Ma pare che all’assemblea dei nuovi, vecchi socialisti questo sia ben chiaro. Tanto che in quella assise si è annunciato un nuovo possibile patto coi radicali di Marco Pannella, presente, e affettuosamente attivo alla seduta romana. Si può pensare alla riedizione della Rosa nel pugno, sia pure in forme nuove? Marco Pannella tentò già dopo le elezioni politiche di rianimare un’area radicale, socialista, laica e liberale (cito i quattro aggettivi che campeggiavano nel simbolo della Rosa nel pugno) non disdegnando un’occhiata anche alla sinistra sommersa dell’Arcobaleno. Si dicusse per alcuni mesi in appositi seminari, si rifecero altre due Chianciano, dopo la prima. Poi tutto andò in fumo. E Pannella preferì, non senza ottenere qualche risultato significativo, presentarsi da solo alle elezioni europee. Ha oggi canbiato idea? Quel che non si riuscì a fare per le europee si riuscirà a fare per le regionali? Non è escluso, vista la particolare difficoltà dei radicali, che è provata dai risultati ottenuti nel passato, a conseguire qualche risultato soddisfacente con le consultazioni che verranno. Contemporaneamente il congresso dei Verdi, come non era impossibile prevedere, al di là dei rapporti di forza ottenuti con un tesseramento particolarmente contestato, ha affidato la segreteria a quel Bonelli che, assieme a Marco Boato, contestava la presenza dei Verdi in Sinistra e libertà, in nome di un autonomismo che altrove, e particolarmente in Francia, aveva portato così tanta fortuna agli ecologisti senza camuffamenti. Che ne sarà adesso di Sinistra e libertà, probabilmente privata della presenza del partito dei Verdi? E in quale misura la prima ipotesi si può raccordare alla seconda? Io la vedo così. Senza i Verdi Sinistra e libertà ha una sola, nuova chanche di ottenere una convinta adesione dei socialisti. E cioè trasformarsi nel Partito socialista europeo in Italia. In fondo a questa cornice si ispirano i militanti di Sinistra democratica e Vendola si sostiene non ci sia lontano. Lo dico perchè l’eventuale altro progetto, ammesso che stavolta si realizzi (parlo di una riedizione della Rosa nel pugno che, chi lo sa, alle regionali stavolta potrebbe addirittura essere aperta ai Verdi di Boato e Bonelli) potrebbe avere notevole appeal anche su quel che resta di noi. E risultati, anche alle regionali, non certo inferiori a quelli di Sinistra e libertà. Credo che Riccardo Nencini questo dovrebbe dire subito a Sinistra democratica e ai vendoliani dopo la nuova scelta dei Verdi, che ormai credo non ci siano più nel vecchio contenitore. Restare in una terra di nessuno sull’identità, visto che sui programmi ci siamo già da tempo, o addirittura, come sostiene qualcuno anche da parte nostra, aderire a una specie di Linke all’italiana, non può che destare la logica contrarietà di chi ragionevolmente ritiene che un’alleanza si possa contrarre o sui programmi o sull’identità. Senza l’uno e anche senza l’altra le alleanze rischiano solo di essere giustificate dal tentativo di risolvere casi personali. Non mi scandalizzerei, perchè non amo coloro che protestano solo quando la risoluzione dei casi personali riguarda gli altri. Ma non mi entusiasmerei certo.
Caro Del Bue,
sono d’accordo solo per metà questa volta. Il partito del socialismo europeo va trasformandosi nella “alleanze dei socialisti e domocratici” proprio per accogliere il Partit Democratico, come principale riferimento per il nostro Paese. Una “sinistra e libertà” che forzasse la componente GUE ad aderire al PSE rappresenterebbe quindi solo un partitino satellite privo di appeal. Non sono operazioni di piccolo cabotaggio e di breve respiro che la gente si aspetta dalla sinistra riformista. La rosa nel pugno fu una felice intuizione troppo presto abbandonata, che incontrava consensi nel mondo universitario, intellettuale ma anche nel popolo degli “0utsider”, dei precari, nelle nuove generazioni. Nencini a mio avviso dovrebbe prendere atto del fallimento della prospettiva di costituzione, in un unico partito, dell’area di “sinistra e libertà”. Non può nascere un nuovo partito dal coagulo delle scissioni e dei residui delle diaspore dei partiti della sinistra. Un partito nuovo non nasce dalla fretta ma da esigenze storiche, da un progetto e una strategia rivolte al futuro: non dalla necessità di fronteggiare la scadenza elettorale delle elezioni regionali. Nencini potrebbe proporsi di fare da ponte tra quel che resta di “S&L” e i verdi di Bonelli, i Radicali, i repubblicani della Sbarbati, Craxi e Zavettieri (dialogando a distanza perfino con Ferrero e Diliberto, almeno su alcuni temi): una alleanza elettorale “tra pari”, senza pretese “egemoniche”. Un cartello elettorale che individui alcuni temi come minimo comune denominatore e non pretenda di ridurre la molteplicità ad un piatta ed uniformante visione monoculare: perdente in partenza. Chi ci sta, ci sta. E se non fosse possibile fare una sintesi e Vendola corresse verso la costituzione frettolosa di un ennesimo partitino della sinistra radicale consiglierei a Nencini di investire in una alleanza RIFORMISTA-LAICA-ECOLOGISTA.
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