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Troppo odio? Separare le carriere dei magistrati è giusto

15 Ottobre 2009 1.030 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Non mi preoccupa tanto quella frase sconsiderata e stupida di un ragazzo del Pd modenese che si augura sul web che qualcuno spari a Berlusconi. Mi preoccupa che l’odio si possa spingere fino a quelle vergognose conclusioni. E mi chiedo se non si sia esagerato a sprigionarne tanto nei confronti del presidente del Consiglio. Intendiamoci. Berlusconi  non è stato estraneo a quest’alta marea di toni del confronto politico italiano, con i suoi attacchi al capo dello Stato, con quell’idea di una sinistra comunista, antidemocratica e perfino golpista (anche se quest’ultima frase appartiene al lessico del ministro Brunetta). Ma è pur vero che una parte della sinistra non ha mai rinunciato ad approfittare degli affondo della parte più politicizzata della magistratura italiana per ottenere qualche vantaggio politico. E’ accaduto anche ai tempi di Tangentopoli e noi socialisti lo ricordiamo bene. Certo Berlusconi non è un’anima bella e, per dirla con Craxi, non è certo un extraterrestre, uno che non ha vissuto appieno il clima e gli interessi della cosiddetta Prima Repubblica. Ed è apparso, credo non solo a me, come uno dei paradossi evidenti della politica italiana il fatto che Craxi fosse costretto a vivere ad Hammamet, mentre proprio lui era alla presidenza del Consiglio, sia pur per una breve fase, che peraltro non fu certo unica. Un paese che considerava Craxi alla stregua di un bandito, nello stesso tempo incoronava proprio Berlusconi come il nuovo demiurgo. Tuttavia è innegabile che Berlusconi, da quando ha iniziato la sua carriera politica, abbia subito solo procedimenti giudiziari che risalgono alla fase precedente la sua discesa in campo e che prima non erano neppure iniziati. Il chè potrebbe anche indurre a ritenere che, se fosse rimasto dov’era, come la maggior parte degli imprenditori italiani, forse sarebbe stato lasciato in pace. Questo non è giusto. Come non è giusto che il centro sinistra approfitti di tutto questo e che non si accorga, oltretutto, che qualsiasi scorciatoia per sconfiggere Berlusconi finisce per rafforzarlo. Come  lo rafforzò, alla lunga, anche la via intrapresa col governo Dini nel dicembre del 1994, dopo la crisi voluta da Bossi. Crisi che non solo non sconfisse definitivamente il berlusconismo, ma finì per farlo rinascere anche sotto le spoglie del protagonista a cui, pur avendo vinto le elezioni, qualcuno impediva di governare. Dunque il centro sinistra avrebbe oggi il dovere di concentrarsi sulla necessità di sfornare un leader e un progetto convincenti, fissando  l’appuntamento per le prossime elezioni, per potere sottolineare le contraddizioni e le inadempienze del centro destra. Per questo avrebbe il dovere di appoggiare e non di osteggiare una riforma della giustizia italiana fondata sulla separazione delle carriere dei magistrati. Separando così anche la politica dalla giustizia. Questa riforma è stata avanzata dai socialisti, tra i quali il sottoscritto, nonchè dai radicali, anche nel corso dell’ultima legislatura. E non comprendeva la sottomissione del piemme all’esecutivo, ma la creazione di due distinti Csm, uno composto dai magistrati giudicanti e l’altro da quelli requirenti. Sarebbe giusto e utile che l’attuale gruppo dirigente del Psi lo ricordasse anche agli amici di Sinistra e libertà, alla quale non vanno certo sacrificate le nostre convinzioni, in special modo quelle più radicate. Ho ascoltato in tivù Massimo D’Alema contrastare questa posizione, perché, a suo dire, si finirebbe per creare un sorta di nuova casta di piemme che, a suo giudizio, sarebbe peggiore della vecchia unica casta dei magistrati. D’Alema non ricorda che l’assetto da noi proposto è quello in vigore in tutta Europa e che ha creato una giustizia in genere più giusta ed efficiente. D’Alema è solito anteporre a ciò che è giusto ciò che è per lui opportuno. Anche per questo, nonostante le sue indubbie doti, non è mai riuscito a convincere molti socialisti.

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