Nencini, Sinistra e libertà e le ragioni del socialismo
Bisogna dare atto a Riccardo Nencini di aver tenuto ferma la barra. Quando Sinistra e libertà nacque, fu a causa di un’assurda legge, approvata alla vigilia delle elezioni europee, che fissava l’asticella della rappresentanza al Parlamento di Strasburgo al 4 %. Anche su questo si cementarono solidarietà tra i partiti che avevano già dato vita al Comitato per la democrazia, coordinato da chi scrive, comitato che fu anche ricevuto dal presidente della Repubblica. Sinistra e libertà non era un partito, nè un progetto politico, ma solo un’alleanza elettorale resasi necessaria da una legge di sbarramento, senza la quale non sarebbe nata mai. Alcuni, anche nel nostro piccolo partito, la intesero invece in altro modo, scambiando lo stato di necessità per una strategia. E posso anche capirli. Si vedevano all’orizzonte una formazione che avrebbe potuto dar loro qualche speranza in più di decenti prospettive elettorali. Privilegiando però, e questo a me parve grave, il contenitore al contenuto. Anzi manipolando e molto le nostre ragioni. Qualcuno parlò di una futura Linke, dove anche i socialisti avrebbero dovuto trovar posto, e a me parve pura follia solo immaginarlo, altri dissero che si doveva creare un partito a sinistra del Pd (e quando mai la Costituente socialista si era collocata a sinistra del Pd? Altra cosa è la polemica sulla laicità e sulla collocazione internazionale). Qualcuno si spinse ad affermare che Vendola rappresentava una specie nuova di socialista post-moderno. In nessun caso si chiedeva ai partner quel che si pretendeva dal Pd. E cioè di rappresentarsi come soggetto socialista europeo in modo chiaro. E così sarebbe venuta meno la nostra funzione. Perchè questo abbiamo rischiato e questo Nencini ha giustamente difeso. Noi non potevamo annullare la nostra identità regalandoci a Vendola e a Fava e condonando loro quel che si riteneva essenziale nel giudizio sugli altri. In Sinistra e libertà non c’era un minimo comun denominatore nè sui contenuti, nè sulle identità. Oltre alle differenze davvero insanabili (pensiamo al tema della giustizia, oggi ridivenuto prioritario), c’era la nostra funzione storica da difendere. Cioè la nostra identità, che non possiamo annullare e che rappresenta forse l’unico vero patrimonio che possiamo vantare. Che è poi la cosa che ci tiene ancora insieme. E perchè mai dovremmo perdere il nostro tempo ancora in questo partito, senza deputati, senatori e parlamentari europei, se non ci fosse questa ragione che ci accomuna, e che noi avremmo dovuto consegnare ai nostri alleati di Sinistra e libertà, cioè al nuovo soggetto politico che essi ci hanno chiesto di creare? Non esiste un’altra possibilità per le regionali? In politica esiste sempre un’altra possibilità. Guarderemo dentro la proposta che ha avanzato Pannella, dovremo rispondere a una possibilità di alleanza che ci hanno avanzato i Verdi riformisti di Bonelli (che noi dovessimo allearci coi Verdi integralisti era davvero bizzarro), dovremo tentare un nuovo approccio col Pd di Bersani. Faremo politica, e non più solo alleanze dovute allo stato di necessità. E questo non sarà un male.
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