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Il Psi tra la politica e il “si salvi chi può”

Pur non avendo partecipato al recente Consiglio nazionale, devo dire che ancora una volta mi ritrovo nella relazione di Riccardo Nencini. Anzi, posso perfino affermare, da quel che ho letto, che il segretario del partito, per una volta (ma forse non è neanche vero), mi ha superato a destra. Non ho mai avuto particolari problemi a stare nella destra del partito in cui ho militato. Mi è successo anche nella vecchia Fgsi degli anni settanta e poi nel Psi quando era di moda il mito di Riccardo Lombardi. Unica eccezione è stato il Nuovo Psi, dove stare alla destra di Caldoro, di Chiara Moroni e di Barani era davvero impossibile. Non ho mai avvertito il fascino dei predicatori, si chiamssero allora Mario Capanna, e oggi Di Pietro, Grillo o Vendola. Preferisco, ho sempre preferito, i ragionatori, si chiamassero ieri Cattani, Martelli,e oggi, spero, Bersani. L’unica eccezione è stato Marco Pannella, a cui mi lega, oltre la stima profonda per chi ha saputo combattere e vincere grandi battaglie laiche, anche quel pò di pazzia che è ingrediente sano anche per chi antepone la razionalità all’istinto, per non renderla troppo arida. Credo che i socialisti, ovunque essi siano, debbano pretendere dal nuovo segretario del Pd parole chiare sul socialismo italiano ed europeo. Lo chiederò a Bersani quando verrà a Reggio Emilia, assieme a Nencini, a presentare il mio ultimo libro “Storia del socialismo reggiano”. Innanzitutto chiederò un giudizio sul socialismo riformista, le sue realizzazzioni e le sue battaglie anche polemiche coi massimalisti. Poi la chiusura di una fase storica contraddistinta da un duello senza fine tra le due componenti principali della sinistra storica italiana, attraverso l’affermazione della superiorità dei valori del socialismo riformista e democratico sul comunismo, anche nella sua ambigua versione italiana. E ancora, la rilettura del biennio 1992-94, la fase peggiore del giustizialismo, la fase che tra l’altro ha partorito la leadership di Berlusconi e la fine dei partiti politici identitari, la demonizzazione di Craxi e l’elevazione al ruolo di Torquemada politico di Di Pietro. Poi, il rapporto col socialismo europeo. Giusto allargare il Pse, ma perchè il Pd si ritiene solo un “allargabile”?. E infine, la visione laica dello Stato, che non significa nè anticlericalismo nè mancanza di rispetto per la Chiesa, ma che può ancora essere condensata nel vecchio adagio liberale “Libera Chiesa in libero Stato”. Penso che l’essenza della nostra resistenza socialista in Italia debba essere proprio questa. Il resto, le alleanze con Fava e con Vendola c’entrano poco e niente. Forse possono essere sollecitate e anche praticate da qualche regione per tentare di eleggere qualche consigliere. E io non demonizzo certo questa esigenza. Quando si è in mare aperto e qualcuno cerca un approdo con un salvagente, fa quel che è umano. Ma la politica è un’altra cosa.