Il Giro di Basso, la Champions di Mourinho, il papà di Maschio
Su per quelle ispide salite dei viottoli che conducono alla vetta del Mortirolo, graffiati da roccie e da cespugli sadici, poi giù per quelle ripide discese a dirupo sulla valle che aspetta temerari acrobati più che ciclisti e poi ancora su verso la gloria dell’Aprica, quest’anno più nervosa degli altri, ho palpitato per Ivan Basso, tanto quanto ho tremato e gioito per l’Inter di Mourinho nella notte di Coppe e di Campioni, per dirla alla Venditti. Non sono interista (come il mio amico Luigi Mazzocchi, detto Mazzocchino, che ha perso la voce e due chili al Bernabeu) e non sono bassiano. Ero piuttosto innamorato di Pantani e prina di Chiappucci e dei loro scatti frenetici, delle loro fughe solitarie e poetiche che da bambino mi avevano fatto tifoso di Charly Gaul, inarrivabile scalatore sul Bondone innevato. E però quando ci vuole, ci vuole. E l’Italia è prima di tutto. A proposito, come starà oggi il papà di Maschio, improvvisamente assentatosi con giustificazione a Pescara? Mica “per pugno a compagno di squadra”, ma per “ragioni familiari e di salute”, davvero preoccupanti.
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