La solitudine dei numeri due e la questione socialista
Scrive Galli Della Loggia sul Corriere della sera di ieri, a proposito della solitudine del Pd, numero due dei partiti politici italiani: “Dopo la fine dell’Unione Sovietica non aver scelto l’identità socialdemocratica, preferendole quella furbastra dei «democratici », lungi dal dare al partito ex comunista un’identità più ampia ed onnicomprensiva (come molti evidentemente speravano), gli ha reso impossibile (…) avere una qualunque identità. Lo ha condannato ad essere in permanenza un’accozzaglia di gruppi, di storie, di opinioni, ma non un partito. Dunque neppure ad avere una fisiologica e stabile vita interna con un capo riconosciuto. Il «comunismo » italiano, qualunque cosa esso fosse, traeva comunque dal leninismo il divieto ferreo del frazionismo e la conseguente inattaccabilità del segretario generale. Scomparso il «comunismo », non sostituito da niente, sembra svanita l’idea stessa di un capo. Sulla scena sono rimasti una dozzina di leader in lotta tra di loro ed autorizzati dal vuoto d’identità a recitare a turno tutte le parti in commedia”. Si tratta della principale motivazione (Galli della Loggia ne cita altre due) della coazione a perdere della sinistra italiana (che ha vinto davvero solo nel 1996, ma a fronte di una divisione tra Berlusconi e Bossi, se no avrebbe perso anche allora) e in particolare del dato elettorale del Pd, che potrebbe essere sorprendente, il quale a fronte della crisi del governo Berlusconi, anzichè avanzare, arretra secondo tutti i sondaggi. Senza identità, cioè senza un approccio onesto con la storia e con i valori fondanti di un partito nell’attualità, con l’unico comun denominatore dell’antiberlusconismo, incollato a storie e identità diverse e anzi opposte, non si va da nessuna parte. Questo è il motivo, all’opposto, della rivincita di tanti partiti socialisti o socialdemocratici europei. Compreso quello francese, che due anni fa pareva vicino all’estinzione, e che ha poi trovato il modo di rinascere e di avanzare prepotentemente nelle ultime elezioni regionali, approfittando della crisi di Sarkozy. L’identità non è un optional e nessun Veltroni inventerà in Italia una identità democratica che non esiste. Quell’andare oltre di Occhetto è all’origine del tracollo della sinistra. Bastava andare nella socialdemocrazia europea, quell’esaltazione del dipietrismo ha poi fatto il resto spingendo l’elettorato socialista tra le braccia di Berlusconi. Si può tornare indietro? Si può tornare all’89? Non credo. Troppi anni son trascorsi. Si può ugualmente tenere duro e aspettare che finalmente il Pd si accorga dell’errore compiuto, come sottolinea Galli della Loggia. Una nuova divisione, dopo quella di Rutelli, del puzzle sbagliato potrebbe aiutare a comporre quello giusto.
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