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Plotino platonico, come Apelle figlio di Apollo

18 Febbraio 2011 3.215 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

O miei signori, se vi propongo un salto lungo quattro secoli è perchè nella filosofia il tempo è davvero assai relativo. Dovrei parlarvi dei filosofi romani, del circolo degli Scipioni, di Lucrezio, di Seneca o del Carneade greco (costui era davvero già intimamente arrabbiato col futuro per via di quella frase irriguardosa del Manzoni che per sempre si porterà addosso come Sean Connery l’agente 007 e Ubaldo Lay il tenente Sheridan). Carneade era quello che, parlando a nome degli scettici al Senato romano, sostenne una tesi il lunedì o l’opposto il martedì, nel più assoluto stile scettico, creando scompiglio e sgomento. Dovrei parlarvi di Cicerone e del primo cristianesimo poi, solo poi, di Plotino che nacque in Egitto, dove già governava Mubarak, nel 220 dopo Cristo. Probabilmente Plotino era un egiziano ellenizzato, perchè il suo punto di riferimento era Platone (da qui la definizione di neoplatonismo). Come Platone s’innamorò di Socrate e ne scrisse, così certo Porfirio, che di Plotino era discepolo, di lui certo s’invaghì (magari anche fisicamente), scrisse “La vita di Plotino” e di lui lasciò molte idee e notizie, senza delle quali la ricostruzione della sua biografia e del suo pensiero risulterebbero assai più ardui. Anche perchè Plotino non scrisse nulla se non nell’ultima parte della sua vita, quando raccolse i suoi appunti nelle cosiddette Enneadi. Plotino-Platone, sembra un’endiadi dotata del principio dell’indissolubilità. Come “Apelle figlio di Apollo”, come nel calcio “Bergamaschi-Bernasconi (Vicini)”, come Scotti nella pubblicità del “riso Scotti”, come “De Andrè che canta De Andrè”. Eppure Plotino non disse esattamente le stesse cose di Platone. Fu platonico forse nell’amore, anche se non sempre, ma non fu platonico dogmatico. Anzi, cercò di approfondire e di ampliare le tesi del grande maestro ateniese. Si stabilì in Alessandria d’Egitto a 27 anni e trovò il suo maestro (“Quello che cercavo”, disse lui), certo Ammonio Sacca, ma a 38 anni decise di studiare gli orientali seguendo l’impresa bellica di Giordano III. Sapeva dei ginnosofisti indiani e dei magi persiani e volle approfondire il loro pensiero. Ma una guerra è una guerra. Finì male e lo stesso Plotino rischiò la vita e dovette rifugiarsi in Persia. A 40 anni arrivò a Roma e lì nacque questa amicizia con lo studente Porfirio da cui Fred Buscaglione trarrà ispirazione per la sua celebre canzone “Porfirio Rubirosa”, non proprio dedicata a un filosofo. Tra i suoi studenti da registrare i nomi del toscano Amelio (“lo rivedrò nell’estasi raggiante di pallor”, da “Un ballo in maschera” di Verdi), del senatore Castrizio Firmo, voce bianca del coro degli eunuchi dell’Accademia romana, di Serapione (o Serchiappone) di Alessandria, e soprattutto della femmina romana Gemina, in casa della quale Plotino si trasferì. Anche perchè Gemina aveva una figlia che si chiamava come la madre. Gemina di qua e Gemina di là, Plotino passò dal mondo platonico delle idee al mondo concreto della pratica e si dedicò con maggior profitto alla filosofia. Fu forse in questa circostanza che elaborò la sua teoria dell’estasi della quale più oltre parleremo. E certamente, a forza di chiamare Gemina e di vederne arrivare due, si dedicò anche alla teoria del tre che dominerà la sua elaborazione filosofica. Come Platone, Plotino aveva idiosincrasia per la materia e pensava che tutto fosse immateriale, dominato dall’Uno, una sorta di Dio che non aveva creato nulla, ma dal quale tutto era emanato. L’Uno era unico e il molteplice da lui prendeva forma, attraverso l’Intelletto, che era lo specchio dell’Uno, cioè quel Dio che si rispecchia e si autocontempla, perchè il perfetto può solo pensare al perfetto e però emana un altro da sè, appunto l’Intelletto. Che altro non è che l’insieme del mondo delle idee platoniche che stavano sull’Iperuranio. Ma occorre qualcosa che permetta all’Intelletto di mettersi in contatto con il cosmo e questo qualcosa è l’Anima del mondo, che dà vita, unità, organicità. Come il Padre, il Figlio e lo Spirto santo del cristianesimo, il sistema del tre domina le idee di Plotino. Però sia l’Uno, sia l’Intelletto, sia l’Anima del mondo sono immateriali e allora come si arriva alle cose? Bel dilemma che Platone aveva risolto con un’attività creativa. Plotino no. L’Uno non emana la materia, nemmeno attraverso l’Intelletto e l’Anima del mondo. La materia è unione di sostanza e di forma (una casa è mattoni, ma anche parallelepipedo). Però la forma e la sostanza non possono vivere separate. Non c’è materia senza forma. Non ci sono mattoni senza rettangoli, dunque. Come la luce e il buio, si possono comprendere solo per negazione, e cioè quando c’è il buio non c’è la luce, così la materia è tutto quello che non è forma. D’altronde anche l’Uno lo si evince per negazione. Perchè è quel che non è molteplice, è quel che non è imperfetto, è quel che non ha tempo. Che vive fuori dal tempo. Prima dell’Uno non c’era nulla, e il nulla non ha tempo. II prima non c’è. Così come l’opposizione a Berlusconi la si evince sol dal fatto che esiste Berlusconi, se no non sarebbe. La si deduce per negazione. Plotino sceglie la strada più semplice e asserisce che la materia non esiste e che esiste solo la forma. A tal punto che quando gli fecero vedere una casa dove andare ad abitare, egli disse “Mi piace quel quadrato” senza preoccuparsi dei mattoni che cedettero subito. Chiese allora all’imperatore Claudio II di impiantare in Campania una città dei filosofi, da intestare a Platone (Platonopoli) naturalmente geometricamente definita. Ma Claudio, forse perchè il terreno non era inserito nel piano regolatore e per evitare che da Platonopoli scaturisse Tangentopoli, lasciò perdere. Torniamo alle cose e alla forma e arriviamo agli esseri umani. Per Plotino solo gli esseri umani avevano un pò di Uno, cioè di Dio. E l’avevano perchè erano composti anche di anima, cioè di scintilla divina. Come il cristianesimo anche Plotino il platonico sostiene che dentro l’uomo c’è un pò di Dio. Come fare il viaggio all’incontrario e arrivare all’Uno-Dio partendo dall’uomo? Con la virtù, con l’amore per la bellezza, con la filosofia e soprattutto con l’estasi. L’estasi (cioè l’essere fuori da sè) è uno strumento indispensabile per arrivare all’Uno-Dio. Si perde così la propria identità umana e si assume un atteggiamento da orgasmo permanente che innalza a Dio. Oggi Plotino ha fatto decisamente centro. Molti sono gli esempi di suoi seguaci anche inconsapevoli. Prendiamo Berlusconi che certamente si sente l’Uno. Egli si specchia ed emana l’Intelletto (e cioè Bondi). Non si spaventa e grazie all’Anima del mondo (Giulianone Ferrara mutandato) emana la forma che per negazione emana la materia. Solo che “mutatis mutandis”, un pò di Uno-Ruby esiste in tutti noi e pezzi di Ferrara sono sparsi ormai ovunque. Anche perchè tutto si può sostenere meno che Ferrara sia immateriale… Ma anche perchè, come sostiene Plotino delle cose, la forma è in lui davvero prevalente.

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