Discutiamo questo articolo di Intini: “La soluzione è al centro”
Segnalo questo articolo di Ugo Intini, pubblicato sul settimnale del Psi: “Da anni, assolutamente isolati e persino sbeffeggiati, abbiamo insistito nel sostenere che in Italia il bipolarismo non funziona, si trasforma in una guerra civile strisciante senza governabilità, che continua infinita mentre il Paese lentamente affonda.
Ormai affonda da quasi un ventennio, da quando cioè è stata distrutta una Repubblica senza che i demolitori avessero acquisito prima la certezza di saperne costruire un’altra. Ma finalmente Michele Salvati, il teorico più ascoltato, a sinistra, del bipolarismo (e del Partito Democratico), ci dà ragione, con una onestà intellettuale che gli va riconosciuta. Per la verità, aveva già manifestato qualche sospetto sul bipolarismo, ma lo aveva allontanato da sé sostenendo che il suo fallimento nasceva da una circostanza momentanea e imprevedibile, ovvero dalla personalità anomala e straordinariamente divisiva di Berlusconi. Sparito Berlusconi, il bipolarismo avrebbe funzionato. Oggi riconosce che non è così. E in un fondo sul Corriere della Sera di giovedì 17 febbraio, dal titolo “Mi arrendo, il bipolarismo in Italia non funziona”, scrive: “C’è ancora una piccola possibilità che dal federalismo non esca un mostro, qualcosa che complichi ancor di più procedure amministrative già complicate, che aumenti ulteriormente la pressione fiscale, che paralizzi del tutto le già deboli capacità di indirizzo della politica economica, che provochi seri conflitti tra Nord e Sud. Ma per evitare questo esito occorrerebbe uno sforzo solidale tra le migliori competenze amministrative del Paese, di destra o di sinistra che siano”. “L’uscita di scena di Berlusconi sicuramente allenterebbe le tensioni oggi esistenti, ma è tutto da vedere se basti da sola a portarci a un bipolarismo dell’azione, da quello della chiacchiera e dello strepito in cui oggi viviamo”. Bene, benissimo. Finalmente, di fronte al baratro, ci si ferma e si vede la verità. La presa d’atto sembra matura, perché la sortita di Michele Salvati ha sollevato un dibattito e consensi sia a destra che a sinistra. Non è Berlusconi la causa del fallimento del bipolarismo. Il bipolarismo in Italia non funziona -insistiamo da anni – perché in entrambi i poli l’area dell’estremismo e della irragionevolezza non è marginale come in tutti i Paesi avanzati, bensì determinante e addirittura traente. A destra il leghismo, il populismo demagogico e il qualunquismo. A sinistra, quanto resta del comunismo e col moralismo giustizialista, ‘malattia senile’ del comunismo stesso. Probabilmente, in questo 150° anniversario, si dovrebbe riflettere sul fatto che la storia d’Italia ci dà in materia una lezione. I periodi di progresso sono stati sempre quelli in cui hanno collaborato, al centro, il meglio della destra e della sinistra, emarginando da una parte e dall’altra le posizioni estreme. I periodi catastrofici sono stati quelli in cui, spazzato via il centro, è prevalso lo scontro frontale tra gli estremismi opposti. All’inizio del secolo scorso (convergendo verso il centro e di fatto sostenendosi reciprocamente, anche senza giungere a una alleanza) il socialismo riformista di Turati e Bissolati e il liberalismo modernizzatore di Giolitti hanno prodotto una stagione felice. Poi, il prevalere a destra del fascismo, a sinistra del comunismo e del massimalismo socialista, ha creato una lunga notte. Nel secondo dopo guerra, il progresso si è aperto di nuovo, dal miracolo economico in poi, con la collaborazione tra gli eredi di Turati (Nenni e Craxi) e i democristiani (ovvero i centristi moderati del tempo), mentre comunismo da una parte e fascismo dall’altra venivano emarginati. Quando una bomba atomica ha distrutto il centro, distruggendo socialisti, laici e democristiani, il pendolo è ritornato verso il peggio: è rinato il bipolarismo come scontro frontale. Da una parte il post comunismo (con la sua parziale trasformazione in giustizialismo), dall’altra un post fascismo rilegittimato e alleato ai rappresentanti di tutte le pulsioni demagogiche, populiste sempre presenti nelle viscere della società italiana. Con il risultato che è sotto gli occhi di tutti. Ci si potrebbe domandare perché mai in Italia e soltanto in Italia non si riesca a produrre una normale dialettica democratica tra una destra civile e una sinistra moderna. Ma il discorso richiederebbe probabilmente una amara riflessione destinata ad andare molto a ritroso, verso una storia precedente l’unità nazionale. Forse, anzi certamente, si arriverà a un bipolarismo di stile europeo. Ma ci vuole tempo. Intanto, il disastro evidente impone una soluzione di emergenza. Quella che anche Salvati finalmente indica: uno sforzo solidale, al centro, tra il meglio della sinistra e della destra; la emarginazione dell’area dell’estremismo e della irragionevolezza, a destra come a sinistra. Berlusconi non è l’ostacolo, bensì il baluardo del bipolarismo. E’ l’ostacolo a che questa convergenza e alleanza al centro finalmente avvenga. Ed è un ostacolo in via di rimozione”.
Ormai affonda da quasi un ventennio, da quando cioè è stata distrutta una Repubblica senza che i demolitori avessero acquisito prima la certezza di saperne costruire un’altra. Ma finalmente Michele Salvati, il teorico più ascoltato, a sinistra, del bipolarismo (e del Partito Democratico), ci dà ragione, con una onestà intellettuale che gli va riconosciuta. Per la verità, aveva già manifestato qualche sospetto sul bipolarismo, ma lo aveva allontanato da sé sostenendo che il suo fallimento nasceva da una circostanza momentanea e imprevedibile, ovvero dalla personalità anomala e straordinariamente divisiva di Berlusconi. Sparito Berlusconi, il bipolarismo avrebbe funzionato. Oggi riconosce che non è così. E in un fondo sul Corriere della Sera di giovedì 17 febbraio, dal titolo “Mi arrendo, il bipolarismo in Italia non funziona”, scrive: “C’è ancora una piccola possibilità che dal federalismo non esca un mostro, qualcosa che complichi ancor di più procedure amministrative già complicate, che aumenti ulteriormente la pressione fiscale, che paralizzi del tutto le già deboli capacità di indirizzo della politica economica, che provochi seri conflitti tra Nord e Sud. Ma per evitare questo esito occorrerebbe uno sforzo solidale tra le migliori competenze amministrative del Paese, di destra o di sinistra che siano”. “L’uscita di scena di Berlusconi sicuramente allenterebbe le tensioni oggi esistenti, ma è tutto da vedere se basti da sola a portarci a un bipolarismo dell’azione, da quello della chiacchiera e dello strepito in cui oggi viviamo”. Bene, benissimo. Finalmente, di fronte al baratro, ci si ferma e si vede la verità. La presa d’atto sembra matura, perché la sortita di Michele Salvati ha sollevato un dibattito e consensi sia a destra che a sinistra. Non è Berlusconi la causa del fallimento del bipolarismo. Il bipolarismo in Italia non funziona -insistiamo da anni – perché in entrambi i poli l’area dell’estremismo e della irragionevolezza non è marginale come in tutti i Paesi avanzati, bensì determinante e addirittura traente. A destra il leghismo, il populismo demagogico e il qualunquismo. A sinistra, quanto resta del comunismo e col moralismo giustizialista, ‘malattia senile’ del comunismo stesso. Probabilmente, in questo 150° anniversario, si dovrebbe riflettere sul fatto che la storia d’Italia ci dà in materia una lezione. I periodi di progresso sono stati sempre quelli in cui hanno collaborato, al centro, il meglio della destra e della sinistra, emarginando da una parte e dall’altra le posizioni estreme. I periodi catastrofici sono stati quelli in cui, spazzato via il centro, è prevalso lo scontro frontale tra gli estremismi opposti. All’inizio del secolo scorso (convergendo verso il centro e di fatto sostenendosi reciprocamente, anche senza giungere a una alleanza) il socialismo riformista di Turati e Bissolati e il liberalismo modernizzatore di Giolitti hanno prodotto una stagione felice. Poi, il prevalere a destra del fascismo, a sinistra del comunismo e del massimalismo socialista, ha creato una lunga notte. Nel secondo dopo guerra, il progresso si è aperto di nuovo, dal miracolo economico in poi, con la collaborazione tra gli eredi di Turati (Nenni e Craxi) e i democristiani (ovvero i centristi moderati del tempo), mentre comunismo da una parte e fascismo dall’altra venivano emarginati. Quando una bomba atomica ha distrutto il centro, distruggendo socialisti, laici e democristiani, il pendolo è ritornato verso il peggio: è rinato il bipolarismo come scontro frontale. Da una parte il post comunismo (con la sua parziale trasformazione in giustizialismo), dall’altra un post fascismo rilegittimato e alleato ai rappresentanti di tutte le pulsioni demagogiche, populiste sempre presenti nelle viscere della società italiana. Con il risultato che è sotto gli occhi di tutti. Ci si potrebbe domandare perché mai in Italia e soltanto in Italia non si riesca a produrre una normale dialettica democratica tra una destra civile e una sinistra moderna. Ma il discorso richiederebbe probabilmente una amara riflessione destinata ad andare molto a ritroso, verso una storia precedente l’unità nazionale. Forse, anzi certamente, si arriverà a un bipolarismo di stile europeo. Ma ci vuole tempo. Intanto, il disastro evidente impone una soluzione di emergenza. Quella che anche Salvati finalmente indica: uno sforzo solidale, al centro, tra il meglio della sinistra e della destra; la emarginazione dell’area dell’estremismo e della irragionevolezza, a destra come a sinistra. Berlusconi non è l’ostacolo, bensì il baluardo del bipolarismo. E’ l’ostacolo a che questa convergenza e alleanza al centro finalmente avvenga. Ed è un ostacolo in via di rimozione”.
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