Voterò due sì e due no
Svolgere due referendum sul nucleare dopo altrettante tragedie (Chernobil nel 1987 e Fukushima ora) non consente discussioni. La Corte costituzionale ha ammesso il referendum abrogativo di norme contenute in una legge che il governo ha ritirato. Ritirato, come ha confessato candidamente Berlusconi, solo per paura di perdere il referendum. Condivido le preoccupazioni di Margherita Hack. Il sì all’abrogazione non sia un no alla ricerca. Non un sì ideologico contro qualsiasi nucleare, ma un sì all’abrogazione di norme che pemetterebbero a questo nucleare di prendere piede in Italia. Quando poi volessimo parlare più seriamente e scientificamente dell’energia nucleare avremo il tempo e non mi pare che adesso ce ne siano le condizioni. Come possiamo dire sì sul legittimo impedimento, peraltro già bloccato, nella sua stesura originaria, dalla Corte costituzionale. Anche Casini lo ha detto quel sì, che sbarrerò anch’io. Sui referendum sull’acqua, invece, le mie perlessità sono forti. Su questa materia condivido le obiezioni formulate dal sindaco di Firenze Matteo Renzi. Il primo quesito di fatto blocca la gara per la gestione delle reti idriche rendendo il monopolio delle aziende pubbliche obbligatorio. Mi chiedo se questo ritorno al passato sia un passo avanti per ottenere più acqua (che oggi è carente), una sua qualità migliore, un prezzo più basso per i cittadini. A me hanno insegnato che è la competizione di offerte diverse che rende questi tre obiettivi più realistici. Può darsi che mi sbagli, ma il monopolio del pubblico (pensiamo anche alle nostre multiutility) non è che sia sempre stato coerente con gli obiettivi prima richiamati. Se poi all’interno delle aziende pubbliche si intende chiamare anche il capitale privato (in condizioni di minoranza) che male c’è? Non è quello che anche la nostra Agac e poi Enia e oggi Iren hanno fatto e tentano ancora di fare? Sarebbe meglio evitare toni da crociata di basso livello con slogan quali “Giù le mani dall’acqua”, come se l’acqua fosse il Vietnam, e anche “No alla privatizzazione dell’acqua” che non è in discussione, giacchè si tratta solo della sua gestione e non della sua proprietà che resterebbe sempre in mano all’ente pubblico. Il secondo referendum sull’acqua è ancora più imbarazzante giacchè, come sottolinea Luigi Marattin, docente di economia all’Università di Bologna e attuale assessore al bilancio della giunta di sinistra del Comune di Ferrara, “vieta di fare investimenti remunerativi e impone investimenti solo in perdita” (e Dio sa di quanti investimenti la rete idrica italiana abbisogni, con oltre il 30% di perdite e con 70 miliardi di euro di investimenti in meno di quelli necessari). E questo riguarda, anche se si fa finta di non capirlo, sia i privati, sia gli enti pubbici. Che è come dire (visto che la remunerazione del capitale investito non può essere scaricato sulle bollette) che non ci saranno più investimenti. Ma questo è utile o dannoso per il sistema idrico italiano? Andrò a votare perchè i referendum sono sempre un utile strumento di democrazia e scriverò due si e due no. Mauro Del Bue
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