Berlusconi, i sacrifici e le ipocrisie
Ha ragione Mario Monti nell’articolo di fondo del Corriere di oggi. Che Berlusconi pianga lacrime di coccodrillo (dopo averci rassicurato chiedendosi retoricamente, come recitava quel vecchio motivetto, “Ma dov’è quest crisi?”), lascia davvero la bocca amara. Berlusconi è il frutto dell’ottimismo, del facile guadagno, del sogno degli italiani (lui stesso si è definito così). Ed è naturale che non si senta a suo agio nel fotografare una crisi, nel rivelare agli italiani la verità su una situazione davvero difficile, per non dire drammatica, che sta attrversando, non da sola, l’Italia. Non è nè può essere il leader dei sacrifici, della promessa churchiliana di “lacrime e sangue”, dello stringete tutti la cinghia. Dalle sue otto ville, dai suo aerei e yacht, dalle sua serate con donnine e Apicella, dal suo Milan milardario, dalla sua stessa vèrve comica, non si può passare al volto corrugato che invita gli italiani a dare, se non oro, almeno qualche argento alla patria. Anche in questo sta la crisi del berlusconismo, che prometteva meno tasse per tutti, più occupazione, più sviluppo e che, non per colpe solo sue, si trova ora a governare una fase di riflusso, di ristagno, di recessione. Doveva avvertire in tempo gli italiani, evitare di raccontare bugie, lasciar perdere i calcoli sui voti e le indicazioni dei sondaggi, pensare soprattutto al bene dell’Italia. Anche per questo, perchè in politica le promesse si mantengono o si va a casa (non era stato lo stesso Berlusconi a inaugurare questa felice relazione da Vespa qualche anno fa?) si deve avere il coraggio di far posto ad altri o, come ha fatto lo stesso Zapatero, di anticipare le elezioni senza ricandidarsi, il chè produce lo stesso risultato. Ciò premesso sulla mannovra non si può non essere d’accordo sui prelievi ai redditi superiori ai 90mila euro, prelievi tutto sommato modesti, anche se in Italia i redditi non sono mai censiti, visto il gran numero di evasori fiscali. Non si può non essere d’accordo sulla tassazione delle rendite finanziarie al 20%, esclusi i titoli di stato. Anche se sarebbe stata forse giusta una vera e propria tassa sugli immobili, in particolare sulle case di pregio, oggi escluse dal pagamento dell’Ici da un provvedimento assurdo di questo governo. Non si può non essere d’accordo anche sulla razionalizazione del sistema degli enti locali. E qui mi fermo. Perchè da quel che si legge, questo progetto è davvero molto “fumoso”, per dirla nel gergo di Bossi, che si è peraltro prima assicurato che i comuni leghisti non venissero toccati. Innanzitutto quando dovrebbero essere abolite queste 37 provincie, divenute poi molte meno perchè è entrata in campo anche la discriminante dell’estensione territoriale? E poi: è possibile abolire le provincie nelle regioni a statuto speciale che, come la Sardegna, le hanno recentemente istituite? E ancora. Un disegno di tal fatta può essere compatibile con un decreto? Una vera e propria rivoluzione del sistema delle autonomie locali può essere il frutto di un manovra d’emergenza? Sarebbe più grande trasfomazione che l’Italia abbia mai registrato su questo campo ed essa può avvenire d’imperio da un atto notarile di Tremonti? Domande retoriche e resistenze assolutamente scontate. Nessuno in Italia si vuole far abolire come i parlamentari, che oggi sono circa 1000 e che dovrebbero, secondo il progetto del Pd, diventare 500. Immaginatevi gli attuali parlamentari che accettano di abolirsi da soli. Ma la cosa che mi ha stupito di più, in questa tumultuosa fase di proposte e provocazioni, è il cosiddetto dibattito sul costo della politica. Non v’è dubbio che si tratti di un grande problema. E che debba essere risolto nel segno del risparmio, della razionalizzazione, dell’efficienza. E’ stato tirato fuori anche l’irrisorio costo dei pasti ai ristoranti della Camera e del Senato. Problema più di ordine morale che finanziario, è ovvio. E nelle note ho appreso che vi pranzano anche 700 giornalisti, magari quegli stessi che hanno scritto gli articoli menando scandalo. E si sa un conto è che la Camera e il Senato si facciano carico di parte del costo di una spigola per un deputato o un senatore, altro conto e che le due istituzioni si facciano carico di quel costo per un giornalista del Corriere della sera. D’altronde a Reggio Emilia una senatrice del Pd si è detta scandalizzata di questi assurdi prezzi. Ma i giornalisti quando pagavano il conto non si accorgevano del conto e la senatrice Soliani, eletta da qualche mandato, non ha mai pranzato al Senato? Ecco l’ipocrisia italiana che ritorna. Un brutto vizio. Meglio approfittatori sinceri o approfittatori falsi? Alternativa fallace perchè semmai il problema è quello di non essere mai messi nella condizione di approfittare…
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