In morte di un dittatore
Non piango la morte dei dittatori sanguinari, ma neppure festeggio una fine generalmente truce e impietosa che tutti li accomuna. La penso come Emma Bonino, anche se convengo che la realizzazione del suo auspicio sarebbe stata molto problematica. E cioè avrei volentieri festeggiato il processo a chi ha infranto le norme della civile convivenza e le regole dei trattati internazionali. Come quello a Milosevic e anche quello che all’Aja si tiene per Mladic e Karadzic, che non sono stati perventivamente giustiziati, pur essendo colpevoli di massacri orribili. Credo tuttavia nella legittimità dell’azione di forza contro Gheddafi autorizzata dall’Onu, anche se certo sono consapevole che ogni guerra porta morte e anche, purtroppo, morti innocenti. Ma quanti sarebbero stati i morti se l’Onu non fosse intervenuta? Moltisimi di più, visto che si annunciava uno sterminio degli oppositori. E magari nell’indifferenza delle coscienze di tanti pacifisti. Com’è avvenuto in Algeria, con duecentomila massacrati durante la recente guerra civile senza che il mondo si muovesse d’un millimetro. Adesso il grande problema è la stabilità dell’area del nord Africa e la sua democratizzazione, che non è scontata e non sarà facile. L’Occidente e l’Europa, anche l’Italia, dovranno farsi carico, oltre che delle azioni di forza anche della pressione, vigilanza e organizzazione democratica dell’intera zona. Così importante, non solo per motivi economici, ma anche per la sicurezza e la pace dell’Europa e del mondo.
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