Situazione politica nuova: il compito dei socialisti
Il senatore Pisanu propone la scomposizione dell’attuale sistema politico e la sua trasformazione in un bipartitismo tra “progressisti e liberaldemocratici”. Si riconosce ovunque che la crisi economica e finanziaria dovrebbe accelerare la creazione dell’Europa politica, capace di non delegare tutto il potere alla Germania e alla Bce. E dunque anche l’Italia dovrebbe trasformare il suo sistema politico da anomalo a organico rispetto a quello europeo. Dunque, più che d’un’alternanza tra “progressisti e liberaldemocratici”, sarebbe giusto parlare di un’alternanza tra “socialisti e popolari”, se vogliamo restare in Europa. Ma veniamo ai motivi dell’affermazione di Pisanu in chiave bipartitica. Essi vanno ricondotti alla sempre più acuta insofferenza verso la politica economica, e dunque verso il governo Monti, che si può percepire anche attraverso il voto delle amministrative, nonchè alle suggestioni provocate anche in Italia dalla vittoria di Hollande in Francia e ai conseguenti possibili mutamenti degli assi decisionali nella comunità europea. Due sono state infatti le immediate novità politiche italiane: la retromarcia sulla riforma elettorale e la scelta di Casini di andare oltre il terzo polo. Cerchiamo di comprenderle entrambe. La riforma elettorale si pone sempre come conseguenza di una valutazione politica. Quando il maggioritario entrò a gamba tesa nell’Italia devastata da Tangentopoli l’obiettivo era quello di smantellare il vecchio sistema dei partiti e di creare coalizioni alternative di governo. Il Porcellum altro non è che un proporzionale con premio di maggioranza e forti incentivi a coalizzarsi, con l’obiettivo di rafforzare ancor di più il bipolarismo fondato sugli apparentamenti. La bozza Violante, sulla quale Pd e Pdl parevano aver trovato un’intesa nei mesi scorsi, è invece l’esatto contrario: il ritorno alla logica del proporzionale di lista e il superamento delle coalizioni, obiettivi entrambi conseguiti dall’eliminazione del premio di maggioranza, che provocherebbe la formazione di una maggioranza di governo solo dopo il voto. E questo per rendere possibile un governo di unità nazionale anche dopo le elezioni politiche del 2013, magari ancora presieduto da Monti e col consenso di Napolitano. L’accentuarsi della crisi, l’esito delle amministrative e il voto in Francia hanno smantellato questa possibilità. E così anche l’intesa sulla legge elettorale è saltata. Casini ha afferrato la nuova situazione e, col suo proposito di andare oltre il terzo polo penalizzato alle amministrative, si candida a svolgere un ruolo preminente nel nuovo bipolarismo. La sinistra italiana ha compreso, dall’esito delle presidenziali in Francia, che può esistere una nuova politica economica. O quanto meno l’ipotesi alquanto popolare di una diversa politica economica, che però sia Zapatero sia Papandreu non hanno potuto o saputo sviluppare dai governi dei loro paesi e vedremo se Hollande ci riuscirà. Dalla sua Hollande ha la possibilità di incidere sulle decisioni europee che non avevano nè Zapatero nè Papandreu (per le condizioni di Spagna e Grecia ). E così anche in Italia si pensa al nuovo bipolarismo. Nencini ha parlato di Casa dei riformisti. Resta il fatto che la sinistra italiana, o almeno la sua maggioranza, deve agganciarsi al socialismo europeo e definirsi tale anche in Italia. Per me questo è un punto dirimente, perché il suo contrario è un esplicito disconoscimento nei confronti della nostra storia e delle scelte politiche del nostro passato. Non c’è alcuna ragione, nè storica, nè politica, nè tattica, nè di opportunità spicciola, per evitare di fondare anche in Italia il grande Partito socialista, soprattutto se Pdl e Udc, come sarebbe giusto, caro Bersani, formassero in Italia il grande Partito popolare. L’anomalia italiana altro non è, ancora, che l’esplicita accusa verso il passato del Psi. Noi dobbiamo essere pronti a scioglierci nel nuovo contenitore, ma anche a reggere, in pochi e anche semiclandestini, se l’anomalia italiana restasse in vita, perchè la nostra testimonianza si configura come un dito puntato verso chi rema contro l’identità storica più naturale dei riformisti d’Italia e d’Europa. Gli ex comunisti, dal 1992 al 2007, erano socialisti in Europa e democratici di sinistra in Italia, il Pd, dal 2007, è solo democratico sia in Italia che in Europa. Noi proponiamo la nascita di un partito che socialista lo sia in Europa come in Italia. E non siamo particolarmente originali.
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