Dopo le primarie
Bersani ha vinto come era previsto, e forse anche com’era giusto. Onore a Renzi e al suo coraggio. Ma davvero il giovane sindaco di Firenze, che di primarie era nato e con le primarie pensava di continuare a vivere (e a vincere), pensava di battere il segretario del suo partito con l’appoggio del solo il 2 per cento del gruppo dirigente? D’accordo, il Pd aveva perso quasi tutte le primarie nelle città italiane, da Milano a Napoli, da Palermo a Genova. Era dunque sensato sperare che questo capovolgimento si potesse verificare anche in occasione delle primarie che avrebbero dovuto scegliere il candidato premier della coalizione di centro-sinistra. E poi, con l’aria dell’antipolitica che spirava così forte, un giovane candidato che tuonava contro il vertice del suo partito e contro tutti i vertici italiani e che proponeva la fine del finanziamento pubblico e di tutti i vitalizi politici, poteva davvero fare breccia. Perché non è avvenuto quel che lo stesso Renzi pensava potesse avvenire e che i sondaggi di ottobre, lo ha rivelato lui stesso, avevano certificato? Perché, sia ben chiaro, Renzi era convinto di vincere. Qualcosa non ha funzionato. E a mio parere, e questo è il primo motivo, non ha funzionato proprio l’equiparazione tra le primarie nelle città e quelle per la scelta del candidato premier dell’Italia. Il popolo del centro-sinistra ha ragionato e ha preferito l’esperienza e la sperimentata capacità di governo di Bersani alle promesse del giovane e inesperto Renzi. Viviamo nell’Italia di Monti, dello spread, dei condizionamenti da parte dei grandi leader europei e della Bce e governare l’Italia oggi è un impresa che sfiora l’impossibile. Possibile che il sindaco fiorentino, col sorriso pronto e la camiciola bianca alla Obama sempre linda, fosse in grado di farlo? La seconda motivazione sta certo nella scelta, a mio avviso giusta, di regolamentare le primarie e di impedire, per quanto fosse possibile, massicci travasi di voto dal centro-destra, che certo avrebbero favorito Renzi. Questo il sindaco di Firenze lo sapeva e questo aveva accettato. Era convinto di vincere lo stesso? La terza motivazione sta nell’atteggiamento assunto da Renzi durante la campagna per le primarie che certo non lo ha aiutato a incrementare i suoi consensi. Lo schema applicato su ogni questione era sempre lo stesso: “Una generazione ha sbagliato tutto, occorre che una nuova generazione ( cioè lui stesso) erediti naturalmente la guida dell’Italia”, promettendo che solo così la strada sarebbe diventata in discesa. L’automatismo: “Renzi e i giovani al potere e i problemi italiani risolti” è risultato troppo semplicistico e poco credibile. Anche per questo non è passato.
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