Uno sguardo a sinistra
A sinistra del Pd, a sinistra anche di Sel, che più a sinistra non si può. Vi avevano piantato radici la Rifondazione comunista di Ferrero che aveva giudicato revisionista anche Vendola, ribadendo la sua coerente identità comunista, e il Pdci di Diliberto che era apparso anche più dogmatico, ma forse anche più spregiudicato. Che fine hanno fatto costoro? Si trovano ora alleati con Di Pietro, De Magistris e soprattutto Ingroia, che capeggia un’indistinta lista col suo nome così aggressivo e più che una rivoluzione sociale annunciano una rivoluzione civile, cioè senza lotta di classe. Che fine ha fatto l’esigenza di difendere l’identità e con essa la simbologia, che pure avevano fatto dei due partiti comunisti una rappresentazione di relativa indifferenza ai posti? Evidentemente quest’ultima ha prevalso sulla coerenza e ha finito per attrarre in un magma giustizialista anche quel percorso, che appariva fondato su ben altro. Che il comunismo debba andare a braccetto col giustizialismo non è scritto. Certo, nella peggiore sua versione, e cioè quella stalinista, sono stati tutt’uno. Ma negli ultimi vent’anni, soprattuto nella versione bertinottiana, che esaltava i caratteri libertari del suo comunismo, non è stato così. Basterebbe a tale riguardo ricordare l’approvazione da parte di Rifondazione, ma non del Pdci, della legge di amnistia del 2007. Oggi i tre moschettieri del giustizialismo, Aramis De Magistris, Portos Di Pietro e Athos Ingroia, hanno inglobato, almeno così pare, anche gli ex compagni di Bertinotti. Che il comunismo italiano, che pure ha scritto tante pagine nobili nella storia del nostro Paese, dovesse finire ammanettato nelle grinfie dell’ex piemme di Palermo, io lo trovo molto triste.
Anche che il PSI sembra non voler presentare proprie liste alle elezioni è triste, una mancata presenza socialista alle elezioni, è triste. Come si può accettare tutto ciò? E’ morto ogni ideale?
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