Dopo l’omicidio di Marini e Prodi: un pensiero per un partito che non c’è più.
C’era solo in Italia. E in America. Non aveva collocazione europea, non aveva tradizione Italiana. Era stato pensato per unire ex comunisti ed ex democristiani, permettendo ai primi di non diventare socialisti. Cosa che sarebbe stata naturale dopo la fine del comunismo e del Pci. È durato solo sei anni. È finito dividendosi traumaticamente durante le elezioni del presidente della Repubblica dell’aprile 2013. Dopo risse, offese, minacce, il gruppo pidino ha bruciato in due giorni uno dei fondatori del partito, Franco Marini, e il capo dell’Ulivo ed ex premier del centro-sinistra Romano Prodi. Ha tenuto il paese in scacco dopo elezioni che non aveva vinto con una candidatura Bersani alla presidenza del Consiglio senza maggioranza. Ha mostrato l’immagine di un partito scollato, senza anima, dominato da gruppi e da ambizioni che ne hanno minato la possibilità di continuare ad esistere. Si è consegnato. Ha smesso di respirare da solo. Hanno tentato fino all’ultimo di rianimarlo. Non c’è stato nulla da fare. Forse mancava qualcosa fin dall’inizio. Non si forma un partito senz’anima. Solo per interesse elettorale. Finisce inevitabilmente per sfiorire come le rose. E il dramma è che quando finisce nessuno lo rimpiange. Un corpo senz’anima, infatti, nasce morto.
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