Emma Bonino, rappresentaci tutti
La novità più gradita. Quella che non ti aspettavi fino a poco fa. Emma Bonino al ministero più prestigioso, quello degli Esteri. Era stata candidata dal Psi alla presidenza della Repubblica. E i socialisti, i sei parlamentari socialisti, avevano visto giusto. La Bonino era la più votata in tutti i sondaggi. Emma, la pasionaria laica, ma anche la donna che più di tutte aveva saputo occuparsi di Europa, che già era stata ministra del governo Prodi, si insedia alla Farnesina. Dopo le follie parlamentari dovute soprattutto alle convulsioni di un partito, come Il Pd, nato senz’anima, la Bonino sembrava avviata sul viale del tramonto politico. Invece Enrico Letta, proprio lui, cattolico ed ex democristiano, forse su suggerimento dello stesso Napolitano, l’ha insediata nel dicastero che pareva di D’Alema. Noi non possiamo che essere soddisfatti e raccordarci a lei come a un punto di riferimento utile non solo al governo del Paese, ma anche al progetto politico che i socialisti hanno lanciato e che consiste nel perseguire l’obiettivo della creazione di un soggetto d’impronta liberalsocialista, capace di ereditare il meglio dell’esperienza della Rosa nel pugno. Come giudicare il governo Letta, dopo tutto il bene che si può dire della nomina della Bonino? Diciamo che il Psi presenterà ora la richiesta, assolutamente legittima, di qualche presenza nello scacchiere dei vice-ministri e dei sottosegretari. Politicamente il governo Letta è l’unica risposta possibile alla governabilità in un Parlamento ove non esistono altre maggioranze possibili. L’alternativa erano e resteranno le elezioni anticipate. Ci sono voluti due mesi di tempo per farlo capire. Tutto è bene quel che finisce, in questo caso comincia, bene. Positivo l’innesto di tanti nomi nuovi e giovani che non sono mai stati protagonisti degli aspri conflitti del passato. Forse questo sarà anche un limite del nuovo governo. La mancanza di esperienza può giocare brutti scherzi. Ma complessivamente l’immagine mi pare buona. Anche il Pdl ha scelto la strada dei giovani, inserendo profili che non appartengono ai vecchi schieramenti governativi. La parola adesso passa al Parlamento. La fiducia verrà data, non c’è dubbio. Ma la tenuta del Pd è a rischio. Per troppo tempo in troppi avevano escluso qualsiasi governo col Pdl, per potersi convincere, e sopratutto per convincere gli altri, che questo governo s’aveva da fare. Requiem per “l’Italia bene comune” di bersaniana memoria, intanto. Sel, altro che decisioni di maggioranza da rispettare anche quando si è in dissenso, lascia la compagnia e ritorna da dove è venuta, mentre Bersani si è eclissato forse definitivamente. Solo il piccolo Psi è rimasto intatto e unito. Consolazione?
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