Il governo del cambiamento e il cambiamento del governo
In un’interessante intervista pubblicata da Repubblica l’ex segretario del Pd Pierluigi Bersani rilancia il progetto del governo di cambiamento. Che dovrebbe portare in premessa altri due cambiamenti: quello di una parte di grillini che si dovrebbero distaccare dal loro gruppo e quello del governo Letta, che dovrebbe andarsene a casa. A giudizio di Bersani potrebbe essere messo in crisi addirittura dallo stesso Berlusconi. Il primo cambiamento, di casacca, si sta già consumando. Già due parlamentari dei Cinque stelle, in polemica col loro tandem di guru Grillo-Casaleggio, hanno aderito al gruppo misto. Poi c’è l’affare Adele Gambaro, accusata di lesa maestà e in odore di espulsione, ma difesa a spada tratta da decine di parlamentari che minacciano una vera e propria scissione. Sono trascorsi solo quattro mesi e dall’altare delle politiche il movimento di Grillo sta già conoscendo la polvere della possibile dissoluzione, dopo il tragico bilancio delle amministrative. Se le cose avranno un’accelerazione potrebbe determinarsi una situazione nuova, quella auspicata da Bersani subito dopo il voto, anzi, quella che lui stesso dava per certa qualora Napolitano avesse deciso di incaricarlo di formare il governo e di inviarlo alle Camere. Bastava infatti la dissociazione di una ventina di senatori tra i Cinque stelle per rendere possibile il suo governo. Difficile affermare con sicurezza che quel che potrebbe verificarsi adesso si sarebbe verificato anche a marzo. Tuttavia una maggioranza alternativa al centro-destra, capace di contare sul voto del Pd, di Sel, del centro di Monti, e dei grillini dissidenti, potrebbe davvero proiettarsi in un orizzonte nemmeno tanto remoto, anche se dalla matematica alla politica, ad esempio la possibilità di conciliare Monti con Sel, ci passa il mare. A quel punto, sostiene Bersani, si dovrebbe far fronte alle pretese di Berlusconi con molta fermezza e sapendo di poter contare su una maggioranza numerica alternativa che renderebbe evitabile il ricorso alle urne. Non si capisce, però, perché mai dovrebbe essere Berlusconi, alla luce di una tale eventualità, a tirare la corda, a far fallire il governo Letta e a mandarlo in crisi, per finire diritto all’opposizione. Neanche fosse Comunardo Nicolai, l’uomo simbolo dl tutti gli autogol. Potrebbe essere invece il Pd, una sua parte, magari lo stesso Bersani, a tentare il ribaltone, visto che potrà disporre di una soluzione diversa. Ma a quel punto, ammesso che questa, e non lo credo, sia la linea maggioritaria del Pd, sarà necessario un terzo cambiamento. E cioè quello del candidato premier, che non sarà più Bersani. Il cambiamento del segretario implicherà anche un cambiamento del candidato…
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