Se ci fosse ancora Fanfani…
Forse vale anche per me. Lo spero. Che importa essere parlamentari? Si può essere ugualmente importanti. Vale per D’Alema che continua a dare carte nel Pd. A disdegnare Renzi, poi a corteggiarlo e consigliarlo, infine a disconoscerlo. E a contrapporgli Cuperlo. Vale per Veltroni che quando sente odore di D’Alema si dirige dalla parte opposta e si appresta a diventare sponsor del sindaco di Firenze. Convinto che sia Renzi il veltroniano, e noi lui renziano. Che importa di Pippo Civati? Che s’impippi, i capi bastone sono ancora loro, leader del bipolarismo pidino. Che forse un giorno verrà interpretato da Renzi e da Letta. Ma ancora non è il momento. Devono crescere per i vecchi leader in finta pensione. Ma oggi più attivi che mai. Perché i due nuovi leader devono farsi le ossa, prima di divenire sfidanti. Sarà così. Ma solo un giorno. Più serio, profondo, governativo Letta, che fa molto bene tutto quel che può, più televisivo, simpatico, guascone Renzi che vorrebbe che quel che gli ha consentito Bersani, e cioè la separazione della carica di segretario da quella di candidato leader, venisse negata per lui. La macchina usata la compreresti da Letta, una serata la passeresti con Renzi. Sono lì a spiegarcelo in tutti modi che saranno avversari. Eppure i tanti commentatori politici pare non se ne siano accorti. Quando Renzi parla di Letta usa il linguaggio di Veltroni su D’Alema presidente del Consiglio. Massimo appoggio, ci mancherebbe. Sostegno politico, stima. Poi una rasoiata. Amicizia, poi un’altra rasoiata. E anche affetto fraterno, poi ancora un rasoiata. Perché? Mica Matteo, convinto sostenitore di Marchionne, è diventato un pericoloso estremista. No, semplicemente non vuole rafforzare troppo il suo contendente del futuro. E quando Letta parla di Renzi lo fa con un tono basso della voce e pronunciando ovvietà. Perché? Perché non vuole accreditarlo di una importanza eccessiva. I due sanno cosa li aspetta. Un futuro da contendenti. E oggi si guardano, si annusano, si rassicurano. Si amano in cagnesco. È stato così sempre nel bipolarismo partitico. Così per Moro e Fanfani nella Dc, per Amendola e Ingrao nel Pci. E anche per D’Alema e Veltroni, bipolaristi del post Pci, Pds, poi Ds e infine Pd. Amici nemici. Sarebbe però interessante che Renzi soprattutto ci spiegasse che cosa lo differisce in politica da Letta e dagli altri, sui temi più rilevanti dell’economia, delle riforme istituzionali e non solo sui contributi elettorali e sulle primarie. La politica, come arte nobile, dovrebbe esigere d’essere collocata al primo posto nei conflitti. Anche in quelli di partito. Questo riguarda anche gli anti renziani che stanno oggi pullulando più per paura che per convinzione. Cosa li accomuna oltre al loro legittimo desiderio di resistere? Ecco perché la nuova disfida che ci attende appare almeno oggi la più difficile da interpretare. Solo una lotta per il potere? Ah, se ci fosse ancora Fanfani…..
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