Direzione Psi contro legge BR
La Direzione del Psi, riunita oggi, 19 marzo, si è aperta con la richiesta di deroga all’articolo dello statuto che prevede l’incompatibilità tra la carica di segretario e quella di vice ministro. La deroga è stata concessa a larghissima maggioranza. Riccardo Nencini, eletto dal congresso di Venezia, potrà continuare a svolgere le sue funzioni. In caso contrario si sarebbe dovuto nominare un reggente e poi convocare a breve un nuovo congresso. Ed era sconsigliabile alla luce delle scadenze elettorali europee e amministrative
Nencini ha poi svolto una relazione e si è soffermato innanzitutto sulle scelte che il Psi è chiamato a compiere in vista delle europee. A giudizio del segretario deve essere escluso che i socialisti finiscano nelle liste del Pd, e dunque restano solo due possibilità: o un accordo col Pd per comporre una lista del socialismo europeo con un chiaro richiamo simbolico e nominale al Pes, oppure una lista del solo Psi. La prima darebbe la possibilità di eleggere uno o più socialisti con le preferenze, risultato però assai complicato dal rapporto di forze tra i candidati del Pd e quelli del Psi. La seconda darebbe la possibilità di sondare il livello di consenso della nostra comunità socialista nel nome del Pes e di Martin Schulz.
Quest’ultima scelta potrebbe essere ulteriormente complicata dalla eventuale necessità di dover raccogliere le firme per la presentazione delle liste. Su questa materia sarà chiamato ad esprimersi il Consiglio nazionale. Sulla legge elettorale ho proposto che il Psi e i senatori socialisti, che saranno tra breve chiamati a esaminarla, assumano una posizione di netta contrarietà. Se non vi saranno modifiche sostanziali, ho precisato, i senatori socialisti non possono votare questa legge.
Ho richiamato i tre punti nodali attraverso i quali la legge BR affossa la logica democratica. Si vince col 37 per cento, dunque esisterà una “minoranza assoluta” che conquisterà il 53 per cento, clausola che non viene prescritta da nessuna legge elettorale europea, e per di più, se in una coalizione una lista conquista il 20 per cento e il rimanente diciassette viene ottenuto da liste che non raggiungono il 4,5, allora, col 20 per cento, quella lista arriva da sola al 53. Peggio della legge Acerbo del 1923 che prevedeva un limite minimo del 25 per cento.
Poi, secondo elemento, si produce la regola del furto del voto. Se un elettore vota una lista che non supera lo sbarramento allora il voto passa automaticamente al partito che lo ha superato. E infine, terza assurdità, probabilmente anche anticostituzionale, si ripropone il Parlamento dei nominati, dal momento che i deputati verrebbero scelti su liste bloccata. Su questa posizione si sono espressi anche gli altri intervenuti, in particolare Bobo Craxi, Aldo Potenza, Gennaro Mucciolo, ma anche Franco Bartolomei, Carlo Vizzini, insomma la totalità degli intervenuti.
Devo dire che nessuno ha avuto il minimo dubbio. La legge BR è quanto di peggio si possa partorire e va combattuta. Anche Marco Di Lello, nel suo intervento, ha voluto ricordare i diversi emendamenti presentati del gruppo socialista alla Camera e bocciati dalla maggioranza BR, compreso quello sulla parità di genere. E Nencini ha manifestato la volontà di riprendere quegli emendamenti e di presentarli al Senato. Se tutto dovesse rimanere così i socialisti questa legge non potranno votarla.
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