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Perché Pd-Pse

24 Maggio 2014 862 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Il voto di domenica sarà politico. Inutile girarci attorno. Lo sarà perché dall’Europa discendono le scelte fondamentali della politica economica italiana e perché dal risultato dipendono le sorti del nostro governo. Renzi dice che non sarà così. Lo fa per scaramanzia. Ma racconta una bugia. Andiamo con ordine. Oggi tratterò le ragioni europee. È evidente che i due grandi schieramenti tradizionali dovranno affrontarne un terzo che sta avanzando ovunque. Ed è quello anti europeista che, approfittando dei limiti e delle contraddizioni dell’Europa monetaria, sta riscuotendo consenso anche in Italia. I movimenti “no euro” credo che non porteranno allo sviluppo e ad una maggiore democrazia. La soluzione non può essere “meno Europa” , ma “più Europa”. Quella politica delle decisioni comuni, dei comuni destini.

Su questo si concentrano le differenze dei due schieramenti tradizionali: quello popolare, ormai egemonizzato dalla Merkel, che intende proseguire nella politica del rigore, anche senza sviluppo. E quella dei socialisti che intendono contestarla in nome della crescita. È evidente che a seconda del voto possono prevalere l’una o l’altra delle ricette. Il caso dell’Italia è eloquente. Col solo rigore, imposto da un patto di stabilità che doveva e poteva essere corretto, il nostro Paese non solo ha fermato la crescita, ma ha anche aumentato il rapporto tra debito e Pil salito fin’oltre il 130 per cento. La grande contraddizione è che nel contempo, col Fiscale compact, si pretende una diminuzione di tale rapporto, nell’arco di vent’anni, per riportarlo entro il 60 per cento. È vero che già il trattato di Maastricht lo contemplava. Ma da Maastricht son passati ventidue anni. Ed è successo di tutto. Anche le costituzioni si possono cambiare. Non si comprende perché solo quel trattato debba essere considerato intangibile.

Ma anche Maastricht rimanda a un’altra politica. Delle due l’una. O riprenderà la crescita e grazie ad essa si potrà raggiungere questo risultato senza insopportabili, drammatici sacrifici. Oppure dovremo tagliare 40 miliardi all’anno e questo si rivelerà una vera e propria tragedia. Teniamo presente che il rapporto tra debito pubblico e Pil italiano che era del 50 per cento nel 1980, dell’86 per cento nel 1987, è salito sempre, tranne qualche lieve decrescita nel 2000, per arrivare, col vento gelido della recessione, ai livelli attuali. Era superiore solo tra il 1920 e il 1924. Sappiamo come è andata a finire. Dunque siano i socialisti a indicare l’unica via per la salvezza. L’unico strumento possibile è togliere gli investimenti dal patto, pagare tutti i debiti della pubblica amministrazione, detassare in modo cospicuo il lavoro e gli investimenti e certo tagliare la spesa pubblica improduttiva.

Per fare questo dobbiamo appoggiare i socialisti europei perché le decisioni di fondo si prenderanno in Europa. Dunque votare il Pd-Pse. Lo dico perché ne sono convinto. Perché i fatti lo pretendono. Lo dico anche a quei nostri compagni che avrebbero preferito una nostra lista. Non c’è tempo per divisioni e diversivi. É il momento di spingere unti in nome del socialismo democratico europeo. Che è vivo e che porta con sé la soluzione del problema. Votiamo la lista socialista europea, votiamo i nostri candidati, Lombardi nel Nord Ovest, Cinti nel Nord Est, Bucci nel Centro e Serpillo nel Sud. Poi faremo i conti.

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