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La legge del primo amico: adesso tocca a Richetti

6 Ottobre 2014 884 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Chi l’avrebbe mai detto? Quante volte si è consumata questa domanda a fronte di un uomo politico considerato il più vicino, e non solo politicamente, a un leader e che poi gli si è rivoltato contro? Non si contano i casi. In passato possiamo citare quello di Forlani con Fanfani, quello di Tanassi con Saragat, quello di Martelli con Craxi, quello di Dotti con Berlusconi, quello di Mastella con Casini, quello di Ronchi con Fini. Non solo delfini, ma anche amici, e ognuno col suo motivo politico o personale. Adesso le cose non sono cambiate, dopo lo strappo del fedelissimo Minniti, più dalemiano di D’Alema e poi clamorosamente passato nelle fila veltroniane, si è consumato anche il “tradimento” del più fedele dei fedeli, quel Nicolino La Torre, oggi convertito al renzismo. Ma la cosa più imprevedibile è stata certo l’intervista di Matteo Richetti, renziano della prima ora, rilasciata a Maria Annunziata e ripresa quest’oggi dal Corriere, nella quale il giovane deputato, e prima presidente del Consiglio regionale emiliano-romagnolo, spara su Renzi con lo stile di un Della Valle.

Renzi lo avrebbe indotto a ritirarsi dalle primarie per la presidenza della regione Emilia-Romagna preferendogli un ex bersaniano e renziano dell’ultima ora. Lui, che era presente alla prima Leopolda, oggi ritiene che Renzi lo abbia tradito, e non solo lui ma tutti quelli che erano presenti in quella prima assemblea. Oggi ridotti a comprimari o messi ai margini. Poi accuse al veleno a Renzi di annuncismo, di mancanza di capacità di approfondimento, di disinvoltura, di altro ancora. Ricchetti sembra un fiume in piena. E in effetti la causa sembra non essere solo la vicenda emiliano-romagnola. Cosa sia accaduto tra i due non lo sappiamo. Sappiamo che è sempre così. Succede, oltre alla politica che vien sempre invocata a motivazione della spostamento, che il fedelissimo della prima ora si rivolti perché posposto a un aggregato dell’ultimo momento, e quel che lui sapeva e teneva per sé per vincolo di amicizia, salta poi fuori impetuosamente.

Proprio perché il fedelissimo della prima ora è generalmente uno che ha le chiavi di casa, che conosce la vita privata e non solo pubblica del leader, si mischiano al risentimento anche verità spesso nascoste. Accadde quando Saragat si alleò con Ferri contro Tanassi, accadde quando Craxi preferì Amato a Martelli. Poi credo che Minniti si sia staccato per una forma di gelosia con La Torre e quest’ultimo a causa di quella per Cuperlo. Generalmente, come è accaduto a Ricchetti, quando il fedelissimo compie lo strappo, alza i toni. Li condisce con allusioni. E la sua polemica, proprio perché motivata da accenti politici, ma alimentata soprattutto da questioni personali, diventa acida e perfino pericolosa. Come diceva quel famoso proverbio popolare: “Dagli amici mi guardi Iddio…”

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