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Ciao Ezio, Seminatore d’oro, reggiano e granata per sempre

15 Dicembre 2014 2.744 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Arrivò a Reggio in sordina nell’estate del 1961. Lo accompagnava Giampiero Grevi e per quest’ultimo si trattava di un ritorno. Con loro anche l’ala sinistra Morosi. Il trio aveva portato i siciliani in Serie A nella stagione precedente, soffiando sul filo di lana la terza posizione proprio alla Reggiana. Ezio Galbiati, che già aveva difeso la porta dell’Atalanta, assieme al reggiano Carlo Stefani, era stato dirottato al Palermo, come riserva di Anzolin, che poi verrà girato alla Juventus in cambio di Mattrel. Galbiati giocò in quella stagione, culminata in un’imprevedibile retrocessione in serie C, solo sette partite. L’annata successiva Galbiati partì come titolare e giocò come tale fino a Natale, sostituito poi dal più giovane Bertini II e totalizzò 14 presenze. Di Bertini Galbiati fu la prima riserva anche nel campionato successivo, quella della promozione record in B, difendendo la porta granata solo una volta. Poi appese praticamente le scarpe al chiodo. Aveva già 34 anni e per l’epoca non erano pochi. Si dedicò alle funzioni di allenatore in seconda. Ma nel successivo campionato, ed esattamente il 10 aprile del 1966, Ezio fu richiamato a gran voce in porta come salvatore della patria. Bertini si era infortunato piuttosto gravemente in quel di Genova e dopo aver provato i due ragazzini di riserva, Ceccarelli e Cinelli, nelle due partite seguenti, si preferì puntare sull’esperienza di Ezio. Il quale si rimise le scarpette e ridiscese in campo. Con l’entusiasmo del neofita. Se alla fine la Reggiana riuscì ad ottenere una stentata salvezza gran parte del merito deve essere attribuito proprio a lui. A Verona e a Monza i suoi interventi furono strepitosi e determinanti per salvare il risultato di parità. Poi Galbiati iniziò la sua carriera di allenatore. Prima con la Reggina, poi dal 1970 proprio con la Reggiana. I granata erano appena retrocessi serie C, l’addio al calcio di Crippa e di Grevi aveva concluso un ciclo. Ma Visconti volle ripartire dai suoi ex e chiamò Galbiati come allenatore e Grevi come direttore sportivo. Tornò anche Boranga. La Reggiana di Spagnolo, di Vignando, Stefanello, Zanon conquistò subito la promozione in B e l’anno dopo si aggiunse il centravanti Zandoli a far sognare la A ai reggiani. Galbiati venne anche insignito del Seminatore d’oro. Se la A sfiorì al termine della primavera del 1972, con le sconfitte di Terni e Sorrento, quello successivo doveva essere l’anno buono. Arrivavano nuovi importanti innesti: Fabbian dall’Inter, l’attaccante Fava, gli ex atalantini Moruzzi e Donina. Non andò così bene. Ma la Reggiana di Galbiati si qualificò per le finali di Coppa Italia. Chi non ricorda quell’incontro con l’Inter di Mazzola al Mirabello, interrotto per l’attentato all’impianto di illuminazione? Galbiati lasciò la panchina granata nel campionato successivo, quando dopo la sconfitta di Varese del 10 febbraio 1974, venne sostituito dal duo Campari e Grevi, che pilotarono la squadra alla salvezza. Ezio lasciò solo momentaneamente Reggio e fu il Modena a ingaggiarlo. Con lui in panca e gli ex Zanon e Ragonesi, i canarini ottennero la promozione in B. La seconda di Galbiati. Poi altre panchine più o meno illustri a Terni, a Spezia e a Sassuolo, prima di tornare a Reggio ad occuparsi delle giovanili della Reggiana, suo vero, unico amore e di trasferirsi definitivamente in città, dove aprì anche una tabaccheria in zona Porta Castello. Reggio e la Reggiana gli sono debitori. La sua scomparsa produce un lutto in tutti noi. Se n’è andato un reggiano autentico, innamorato della maglia granata.

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