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Je suis socialiste

15 Gennaio 2015 1.531 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Dopo le stragi bisognerebbe anche pensare alla politica. E chiederci, come ho tentato di fare in un fondo precedente, se non sia il caso di smetterla con le improvvisazioni e i dilettanti. Se in questa fase che sarà caratterizzata da uno scontro duro col terrorismo di matrice islamica e dalla conseguente necessità di fondare un’Europa con una politica estera unitaria, con una funzione militare, con leggi e coordinamenti unici, non sia il caso di tornare ai partiti politici come promotori di progetti di società. Questo vale per l’Italia ancor più che per gli l’altri paesi. Certo viviamo in una complicata fase di moltiplicazione di sigle e di tendenze, che vanno dall’estrema destra antieuropea e razzista, all’estrema sinistra ugualmente anti europea perché anti occidentale. E in mezzo anche le forze tradizionali di ispirazione socialista e popolare paiono frammentate, divise, confuse.

Il mondo socialista non fa eccezione. In Grecia il leader storico Papandreu fonda un nuovo partito, dopo la dèbacle del vecchio, il Psf è ai suoi minimi storici, con Hollande in grave crisi di popolarità, forse leggermente modificata dopo le vicende di Parigi. Socialisti spagnoli e inglesi non riescono ad approfittare delle difficoltà dei governi popolari e conservatori, ed emergono con forza tendenze localistiche e xenofobe, mentre il dominio della Merkel in Germania pare per nulla scalfito dai socialdemocratici. Il mondo dovrà scegliere. E anche l’Europa. Si dovranno confrontare tendenze diverse, anche opposte sul tema più scottante che è la risposta da dare al terrorismo islamico e la conseguente necessità di creare un’Europa che ai vincoli economici sostituisca la forza della sua unità politica. Il rischio che prevalga una destra antieuropea e xenofoba è alto. Anche per gli errori di una sinistra balbuziente sul fenomeno del terrorismo islamico e dei vincoli di Bruxelles. Due temi che alla lunga non possono coesistere.

I socialisti si dovranno misurare con la nuova situazione. Anche in Italia. Non so francamente cosa avverrà dentro quel partito onnivoro che è il Pd, uno spazio, come lo ha definito Bersani, più che un partito, dove non c’è tema che non sia oggetto di divisione anche profonda. Se noi siamo ancora qui, in pochi, con orgoglio e determinazione, se alla nostra età non più giovanissima continuiamo a scrivere e a parlare la ragione è profonda. Non quella di fare carriera, non abbiamo più l’età, non quella di scucire qualche poltrona di risulta, ne possiamo fare a meno. Non quella di sfruttare una vecchia abitudine che diventa un vizio assurdo e cioè di continuare a fare quel che abbiamo sempre fatto. Noi siamo convinti di costituire un fulcro necessario per tenere viva una storia e un progetto.

Pensateci bene tutti. In Italia la storia del Pd pare che parta da Gramsci, fondatore dell’Unità, poi venga rigenerata da un assurdo e inconciliabile duopolio De Gasperi-Togliatti, poi ritrovi con Berlinguer soprattutto e in parte con Moro il suo suggello. Noi siamo spariti. Noi come tradizione politica, noi come personalità storiche. Il pensiero e l’azione del socialismo riformista e liberale, che da Turati a Rosselli arriva a Saragat e al Nenni autonomista fino a Craxi è oggi nel dimenticatoio. Una follia, una distorsione, una evidente e strumentale falsificazione. Ma non basta. Noi abbiamo avuto ragione nella storia. Siamo dimenticati perché abbiamo avito ragione. Dalla scissione di Livorno, alla necessità di un governo coi popolari per evitare il fascismo, al giudizio sull’Urss, al centro-sinistra, ai missili a Comiso a Sigonella, al referendum sulla scala mobile, alla guerra nel golfo, all’euro socialismo noi siamo stati dalla parte giusta e gli altri da quella sbagliata. Ecco il primo compito e la necessità di esistere. Rendere giustizia alla storia.

Ma c’è un altro compito, se non vogliamo ridurci a una Fondazione, e riguarda il progetto di futuro. Lo riassumo in questi obiettivi: una lotta efficace e risoluta al terrorismo islamico, per difendere i principi della nostra civiltà scaturiti dalla rivoluzione francese, che tutti devono rispettare e accettare, corroborata dal dialogo verso le popolazioni mussulmane europee e con gli stati arabi disponibili, ma abbinato alla fermezza risolutiva verso gli stati e i movimenti del terrore; una concezione dell’Europa che superi i vincoli burocratici e rilanci lo sviluppo e l’occupazione, senza dei quali il terrorismo rischia di trovare terreno più fertile. Io trovo che i socialisti europei e il Pd italiano siano troppo timidi sull’uno e sull’altro argomento e che il nostro piccolo partito potrebbe sull’uso e sull’altro caratterizzarsi con stimoli e idee che lo rilancino come forza della tradizione e della novità. Può darsi che io sbagli. Ma se non abbiamo idee è giusto affondare e se le abbiamo è un delitto non tentare. Per me è anche un dovere rispetto alla nostra identità.

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