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Scelta ideale e Scelta civica

6 Febbraio 2015 1.476 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

C’è una consuetudine tutta italiana. Si va col vincitore. E non c’è dubbio che dopo l’elezione di Mattarella, con le conseguenze politiche che ha determinato, il vincitore abbia un nome e cognome: Matteo Renzi. Il giovin signore fiorentino ha unito il suo partito, operazione più difficile che scalare l’Everest d’inverno, ha allargato i confini della sua maggioranza, mettendo paura ad Alfano e riuscendo ad ottenere voti ex grillini e soprattutto di parte di Forza Italia, si trova ora coi due partiti più forti, o meno deboli, dell’opposizione, Cinque stelle e Forza Italia, lacerati e impotenti. Per di più dopo l’adesione di parte di Sel, capitanata dal Migliore, Gennaro, non Togliatti, adesso quasi tutta Scelta civica annuncia la sua l’adesione al Pd, lasciando il povero Monti, unico esponente politico, o prepolitico, a uscire dal partito da lui fondato, praticamente nelle più cupa delle solitudini.

Monti mi ricorda Segni. Anche Segni poteva diventare il numero uno della politica Italia dopo i referendum, Tangentopoli e la nuova legge elettorale. Si sprecò in assurde giravolte, in errori di valutazione, in ingenui affidamenti. Finì per sparire e di lui non si hanno più tracce, se non, di quando in quando, in qualche firma referendaria che ricorda il suo glorioso, ma improduttivo passato. Monti poteva essere il presidente della Repubblica votato da tutti. E invece si è messo in testa di fare il leader politico. Funzione che gli si addice come a me l’insegnamento della trigonometria. Un fallimento completo. Ha rovinato se stesso e il povero Casini. Ha fondato un partito che non esiste più e adesso nessuno lo cerca, nemmeno per telefono. Mi ha fatto una certa impressione vederlo solo e spaesato in mezzo all’Aula durante le elezioni del presidente della Repubblica. Nessuno che gli si avvicinasse, nessuno che gli sorridesse e lui sempre più cupo, aveva forse voglia di piangere come la sua Fornero.

Tutti in soccorso del vincitore, dunque. Gli italiani hanno finito per vincere due guerre cominciate con coloro che le hanno perse. Non è una novità. Ma il soccorso di Scelta civica appare invero paradossale. Non sono voti in più al Senato, dunque a Renzi non servono, non portano nuovi elettori perché la Lanzillotta e Ichino nel Pd già c’erano. E altri non li conosce nessuno. Non hanno neppure, come noi, una storia da portare in dono. Sono nati due anni fa. Non capisco la ragione, non già di questa adesione, perché mi è chiarissima, ma di questa accoglienza. Misericordiosa. Perfino quella degli ex Sel poteva procurare qualche vantaggio, e cioè lo spostamento in maggioranza di una parte dell’opposizione. E così pure quello dei grillini dissenzienti. Più che una Scelta civica, mi pare una scelta di opportunità.

Se mi è consentito parlare anche di me, posso confidare ai miei lettori di essere stato uno dei pochi che è andato controcorrente. A me piacciono sempre più i vinti dei vincitori. Nella mia provincia ho cercato perfino di scoprire i crimini dei vincitori nell’immediato dopoguerra e per questo sono stato messo al bando da una sinistra colpevolmente cieca. Nel Psi mi sono subito collocato in minoranza da ragazzo e quando tutti erano di sinistra io ero tra i pochi autonomisti. Riformista in una generazione di rivoluzionari. Nel 2007, quando tutti davano per certa la vittoria di Berlusconi, ho aderito, da deputato, prima alla Rosa nel pugno e poi alla Costituente socialista, lasciando ad altri la contraddizione tra poltrone e ideali. Oggi il mondo va diversamente e se uno ragiona sulla coerenza viene anche giudicato un sorpassato, noioso e démodé. Da rottamare come la storia che la nuova classe dirigente italiana ha messo in soffitta. Sono orgoglioso di aver appartenuto alla Prima Repubblica, di essermi formato nelle sezioni di partito, di avere aderito a un’identità leggendo e studiando autori e protagonisti del socialismo riformista. Di essermi innamorato di Filippo Turati, di avere seguito il Nenni degli anni settanta, di avere appoggiato il Craxi dell’autonomia e della grande riforma, di avere collaborato con Claudio Martelli dei meriti e dei bisogni. Scelta ideale, non Scelta civica…

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