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Le due vie che ci stanno davanti

26 Febbraio 2015 1.190 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Ieri abbiamo sottolineato come la strada che probabilmente verrà intrapresa per creare un polo o un partito alla sinistra del Pd non possa essere la nostra. E qualcuno ha giustamente sottolineato che non basta dire, è anche più semplice, cosa non dobbiamo fare. Occorre e presto capire cosa vogliamo o possiamo fare. Se naturalmente abbiamo ancora voglia di fare e di non lasciarci andare dopo vent’anni di tentativi, di più o meno coraggiose, ma deludenti alleanze e di prove elettorali anche solitarie, ma fallimentari. Se riusciamo ancora a trovare in noi la forza di reagire. Vorrei adesso passare dunque alla fase propositiva. Tenendo sempre presente che il volere mai come ora è condizionato al potere. Nel senso che dovremmo sempre evitare di scambiare i desideri con la realtà. E fissare obiettivi credibili e praticabili. Partiamo dunque dalla realtà e non dai desideri.

Di fronte a noi abbiamo un Pd onnivoro che copre un’area che va da Civati a Berlusconi. Cioè dalla sinistra, oggi fortemente minoritaria nel partito ma che, almeno in larga misura, continuerà a restare nella cosiddetta ditta, fino alla destra. Tanto è vero che Renzi e il suo Pd hanno messo in crisi Berlusconi perché gli hanno coperto parte del suo spazio politico tradizionale. Altro che comunisti, leitmotiv berlusconiano, Renzi gli ex comunisti li ha fatti a fette lui più di Berlusconi, compresi quelli del sindacato più forte d’Italia, di fronte al quale anche Berlusconi si era arreso. Pensare di costruire un partito o un’alleanza più a destra di Renzi è oggi complicato anche per Berlusconi, non parliamo di Alfano che si arrampica sugli specchi dichiarando candidamente di essere di centrodestra, ma alleato col centro-sinistra. Ubiquo, obliquo, alterno. Non possiamo, dunque, per identità e programmi, collocarci nel cantiere più a sinistra del Pd, non possiamo, neppure volendolo, collocarci in un’alleanza più a destra, anche per questione di spazio.

È evidente che con un Pd del genere, carta assorbente della politica italiana, la possibilità più concreta sarebbe quella di collocarci al suo interno portandoci la storia, l’identità, i valori di un partito socialista italiano. Ma oggi questa via, anche se la volessimo praticare, è realistica? In diversi l’hanno già tentata, faccio i nomi di La Ganga, dello stesso Amato, almeno fino ai tempi dei Diesse, di Signorile, Del Turco, Andò, questi ultimi tre credo anche pentendosene. È nata una corrente socialista nel Pd? E potrebbe nascere portandoci il nostro Psi più o meno compatto? Non credo. È Renzi oggi interessato a un’operazione storico-identitaria? Io penso di no. Anche il nostro patto federativo è rimasto un documento. Non lo si è calato sul territorio come un processo federativo necessariamente implica. È rimasto sospeso a mezz’aria. Esiste solo come pronunciamento, non come strumento politico. Possiamo aderire al Pd, uti singoli, senza che il Pd cambi di un millimetro.

E poi occorre tenere presente le nuove norme elettorali. Con una lista a capilista bloccati, dovrebbero essere circa cento, quanti sarebbero riservati ai socialisti e quanti socialisti potrebbero essere eletti con le preferenze? Ad ogni modo questa è una via. L’altra è quella di lavorare subito e la decisione del Psi di convocare gli stati generali, va in questa direzione, per presentare un progetto e una lista elettorale capace di concorrere al superamento dello sbarramento al tre per cento. Con chi? È evidente che anche questa seconda ipotesi contiene ostacoli e rischi evidenti. Quali e dove sarebbero questi soggetti per un’alleanza diciamo così laico-socialista per usare una definizione? Un’alleanza che non sia né più a sinistra, né più a destra del Pd, ma che sia ben visibilmente altro? I radicali, certo, i verdi possibilmente, poi? Alle elezioni regionali si sperimenterà un po’ ovunque questa nuova alleanza aperta che in Emilia-Romagna ha coinvolto anche quel che resta di Scelta civica e una lista locale. La via è giusta, lavorarci è opportuno. Sapendo che non sarà dura, sarà durissima. Ci vuole un’idea suggestiva, di fondo, originale, pungente, coinvolgente. Ci vuole una leadership comunemente riconosciuta e appetibile. Ci vuole soprattutto tanto coraggio. L’abbiamo?

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