Un ricordo di Sandro Pertini, un socialista
Quando Pertini venne eletto presidente della Repubblica, nel luglio del 1978, era in corso la festa dell’Avanti del Psi reggiano e io ne ero segretario da un anno. Avevo solo 27 anni e aspettavo Craxi per il comizio finale. Arriverà o no? Pertini stava pronunciando il suo discorso d’insediamento a Camere riunite e dubitavamo che dopo poche ore il segretario del Psi fosse con noi. Alla fine Craxi non volle mancare e arrivò addirittura con due ore di anticipo.
Venne accolto dai socialisti venuti da mezza Italia trionfalmente. Pertini era il primo socialista del PSI ad assurgere al soglio quirinalizio, anche se un altro socialista, Giuseppe Saragat, lo aveva anticipato. Il merito dell’elezione di Pertini fu della testardaggine di Craxi che voleva un socialista presidente, anche se il suo candidato iniziale era Antonio Giolitti. Ma Giolitti, che era uscito dal Pci nel 1956, non era gradito ai comunisti che lo consideravano incompatibile con le loro liturgie. Alla fine fu Andreotti a ipotizzare Pertini, in fondo votabile sia dai democristiani, che lo consideravano un po’ troppo vecchio per durare sette anni, sia dai comunisti, per il suo passato antifascista. Sandro Pertini fu così eletto dalla maggioranza di unità nazionale che governava l’Italia, consolidando, almeno per un po’, il quadro di governo, presieduto dall’inossidabile Andreotti.
Da poco si era consumato il sacrificio di Aldo Moro, rapito e ucciso dalle Bierre, dopo settimane di tensioni e inutili appelli alla fermezza. Solo il Psi aveva proposto una via per salvare la vita umana, ma il governo non seppe usare la via militare e non volle usare quella della trattativa. Moro venne sacrificato al suo destino e l’Italia conobbe ancora per alcuni anni le imprese drammatiche del terrorismo più sanguinoso.
Di lì a pochi mesi, nell’autunno dello stesso anno, la federazione reggiana del Psi, grazie ai rapporti personali che un nostro militante, Franco Giaroli, aveva saputo instaurare con Pertini, organizzò una visita alla presidenza della Repubblica.
Partimmo con due pullman e venimmo ricevuti prima da Craxi, che aveva ubicato transitoriamente l’ufficio in via Tomacelli, poi al Quirinale, da Pertini. L’incontro fu informale. E quando arrivammo nel salone, dove poi ci avrebbe raggiunto, il cerimoniale ci invitò a stare ai lati della della sala per non sopraffare Pertini. Ma quando arrivò, fummo subito invitati a non fare le mummie, a stare con lui e a stringergli la mano.
Avevo già conosciuto Pertini a Reggio l’anno prima, quando da poco non era più presidente della Camera, sostituito nel 1976 da Pietro Ingrao, e non era ancora presidente della Repubblica. Doveva tenere un comizio al Teatro Municipale in occasione della festa del 2 giugno. Fu un comizio travolgente, denso di battute, ironie, prese in giro, veementi rampogne. Ce l’aveva coi brigatisti dei quali non aveva alcuna paura e li invitò a sfidarlo, ce l’aveva coi partiti che si incontravano tra loro senza produrre un governo (“Almeno si incontrassero con delle belle donne”, urlò), ce l’aveva con due della presidenza che parlottavano tra loro e li rimbrottò pubblicamente, ce l’aveva con uno del pubblico che stava uscendo e lo consigliò di stare ad ascoltarlo. Mi raggiunse dietro il palco e mi confidò che ce l’aveva anche con Fanfani perché gli aveva regalato una pipa che non funzionava. Pertini era fatto così.
Un uomo tutto d’un pezzo, un eroe della Resistenza che aveva rimproverato la madre perché aveva chiesto la grazia, che era stato incarcerato ed era fuggito, poi da Roma liberata era salito al Nord per combattere ancora. Un eroe democratico, a volte in minoranza nel suo partito, come quando si dichiarò contrario alla politica fusionista e poi frontista. Amico sincero di Nenni a volte gli rimproverò anche l’opposto e cioè la politica di unità socialista con Saragat e taluni aspetti del centro-sinistra. Da presidente della Repubblica fu certo il più amato. Nessuno può dimenticare la sua schietta capacità di mettersi in sintonia con gli umori del paese. Oggi tutti lo adorano. In pochi però ricordano che fu sempre un socialista, legato a doppio mandato con la storia di un movimento che prese piede nella sua Liguria quattro anni prima che Sandro nascesse e che lo ha visto sempre tra i suoi massimi dirigenti.
A 25 anni dalla sua scomparsa anche l’Avanti!, che lo vide tra i suoi direttori, lo ricorda con immutata commozione e schietta gratitudine.
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