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Ai compagni del Risorgimento per un confronto serio

8 Aprile 2015 990 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Siccome un corsivo dell’Avanti su locchiodelbue, mia rubrica ironica con titolo autoironico, dedicato al convegno dei socialisti che anelano il Risorgimento, e chi mai preferirebbe il suo contrario e cioè la decadenza, ha suscitato critiche a mio avviso immotivate, divenendo così uno dei pezzi più letti e commentati dell’Avanti, passo alla parte seria. Il corsivo bisognerebbe sempre leggerlo col sorriso sulle labbra concedendogli quelle licenze che non si è mai in condizione di concedere agli articoli del “politicamente corretto”. Vedo che i nostri si prendono tutti maledettamente sul serio e dunque, come disse Turati al Congresso di Bologna del 1919, vi parlerò anch’io “come un notaro che legga un testamento”. Vorrei fornirvi dunque, serissimamente, questi spunti per una discussione.

Primo: il convegno che ha associato le minoranze del piccolo Psi (sette parlamentari, una vita travagliata, uno spazio politico complicato dal momento che Renzi è diventato dominus del Pd, alcune testate e associazioni vive e vegete) segna un distacco o meno dal partito di appartenenza? Accettano quei compagni e amici che le decisioni sulla politica del partito le prendano gli organi eletti al congresso, oppure si dotano di una loro autonomia organizzativa e politica? Personalmente sarei interessato a un chiarimento non burocratico. Secondo: i socialisti che hanno promosso il convegno, li posso chiamare, senza che si ritengano offesi, “socialisti risorgimentali”, per l’amor del cielo, li conosco quasi tutti e so che la maggior parte di loro è motivata da sincero sforzo di rilancio del socialismo italiano, vogliono una collocazione del Psi più a sinistra dell’attuale? Ritengono dunque che il Psi debba dialogare e magari associarsi alla possibile nascita di un nuovo soggetto di stampo vendolian-landiniano, alla sinistra del Pd?

Infine, terzo punto, quale diversa identità essi oggi portano al confronto con gli altri socialisti? Non è fuori tempo e fuori storia, quello slogan lanciato del “O socialismo o barbarie”, di stampo rivoluzionario e luxemburghiano, che ho già contestato? Quando mai un socialista riformista definisce barbarie ciò che non è attribuibile a lui? Quando mai un socialista liberale ritiene che altre vie siano da considerare barbare. Questa idea assolutista del socialismo portava infatti a un scontro anche armato con la barbarie. Non a caso venne coniato in Germania all’epoca della guerra civile. Non penso sia questa la via proposta oggi dai nostri convegnisti. Emerge però qui una confusione di principi e di linguaggi che si rifugiano dietro la magica espressione della parola “socialista”, che se non viene precisata (per me è sempre indispensabile aggiungervi gli aggettivi democratica, riformista e liberale), inevitabilmente scivola in una sorta di nuovo-vecchio integralismo. Siccome si vuole fare risorgere il socialismo senza aggettivi quale il predestinato? Quello liberalsocialista degli anni ottanta, quello filocomunista degli anni cinquanta, quello bolscevico degli anni venti? E se guardiamo l’Europa recente, quello di Blair e di Schroeder o quello della Linke tedesca che il mio amico Franco Bartolomei spessa evoca. Sarà l’età ma ormai non sopporto più i pressappochismi. E a forza di dialogare sul socialismo coi socialisti non vorrei diventare io solo un aggettivo…

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