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Necessario oggi il socialismo liberale

21 Giugno 2015 1.082 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

I grandi partiti italiani sono tutti post identitari. Forse la nuova Lega fa eccezione. Bossi e la sua Padania sono stati deposti in soffitta e la destra di Salvini si forgia sulla paura dei migranti, sulla difesa degli interessi della nazione, sul concetto di origine tardo-contadino di famiglia. A proposito di quest’ultima e pur rispettando le opinioni di tutti e le manifestazioni di ciascuno, mi pare giusto rimarcare che un po’ meno rispetto merita una dimostrazione, quella di ieri, che intende calare il sipario su diritti di altri. In generale penso che dovremmo tornare alle forti idealità e che oggi ce n’è quanto mani bisogno per comprendere la nuova realtà e per fornire risposte attraverso progetti e non provvedimenti legati all’emozione del momento. Tutto quello che resta a filo di terra porta infatti acqua al mulino di Salvini, l’unico che un progetto, sbagliato, ce l’ha. E anche proporre soluzioni che si avvicinino al progetto Salvini non ne indebolisce, ma anzi ne rafforza, l’attrazione.

Un progetto che il nostro piccolo Psi dovrebbe proporre a tutta la sinistra è quello di un moderno socialismo liberale. Lo fonderei affrontando il tema dell’emigrazione nella sua inevitabile connessione a una concezione internazionale del governo. Oggi nella fase della globalizzazione economica è assurdo rimandare a soluzioni nazionali. Il problema della migrazione è mondiale e discende dagli squilibri, dalle sofferenze, dalle miserie. Possibile, vedi la soluzione Salvini, rinchiudersi nel nazionalismo? Come quello praticato anche da Hollande, con eserciti schierati alle frontiere, e come quello ungherese, che ha resuscitato antichi, tragici muri? Ma il fenomeno travolgerà militari e distruggerà muri se non risolviamo i problemi che lo hanno generato. Non solo esso discende dagli squilibri economici, ma oggi anche dalla guerre. Quelle accese nel continente africano, nelle espressioni di un integralismo terroristico di matrice islamista, ne sono palese dimostrazione. Non sono mai stato pacifista perché ho sempre pensato che pacifismo e indifferenza rischiassero di divenire sinonimi. Se c’è una guerra nel mondo interessa anche a noi e dobbiamo sempre assumerci le nostre responsabilità, a livello politico, diplomatico e se serve anche militare. Come scriveva Hemingway, la campana suona sempre per tutti.

E’ giusto nella contrapposizione tra nazionalismo e internazionalismo stare dalla parte di quest’ultimo perché nel nazionalismo sono incorporati quei valori di sufficienza, di egoismo, di indifferenza, che lo stesso pontefice ha giustamente contestato. Ma se un governo del mondo, quello stesso che Dante Alighieri auspicava nel suo “De Monarchia”, è ancora lontano, anche se ad esso inevitabilmente si dovrà tendere, oggi va praticata l’accoglienza di tutti i profughi di tutto il mondo in nome dei diritti dell’uomo e sui migranti clandestini va individuato uno strumento credibile di riconoscimento e, se necessario, anche di respingimento. Ho però l’impressione che sarà molto difficile distinguere gli uni dagli altri. Tutti quelli che fuggono dalla Siria o dalla Libia, cioè da territori di guerra, come li vogliamo definire? Un governo mondiale, una sorta di Nazioni unite della solidarietà, che possa, cito ancora Bergoglio, togliere a chi sta meglio per assicurare agli altri di stare meno peggio, è una forma di socialismo necessario, di nuovo socialismo che elimini le cause dei grandi contrasti del mondo senza restare alla superficie dei fenomeni che si sviluppano.

Ma non basta ipotizzare un nuovo moderno socialismo delle opportunità, delle equità, dei livellamenti degli squilibri. Occorre esaltare, nel contempo, la nostra civiltà liberale, quella che ci è derivata dall’illuminismo, dal razionalismo, dai grandi ideali della rivoluzione francese. Perché anche questi oggi sono in discussione. La libertà non è una possibilità, non può essere barattata o equiparata ad altre concezioni della vita. La libertà è “a priori” di tutto. Lo dico soprattutto per coloro che provengono da altre tradizioni e da un’interpretazione estrema di una religione, perché non si scambi mai l’accoglienza con l’accettazione del valore della sopraffazione. Ma lo potrei ripetere anche per tutti coloro che provengono dalla nostra storia italiana e oggi negano diritti e vincoli normati da leggi che esistono in tutti i paesi del mondo e che oggi vengono rispettati anche dalla Chiesa. Mille, centomila, o anche un milione che siano, anche se fossero la maggioranza, non importa. Nessuna maggioranza, mai, può abbattere i diritti delle minoranze. Lo dico a tutti i tagliagola delle libertà. Noi dobbiamo difendere i valori liberali, oggi in discussione, da concezioni barbariche o anche solo arretrate della vita, della famiglia, del rapporto tra stato e religione e tra religione e cittadini. Quella della lotta per il riequilibrio è ispirata a ideali di solidarietà che sono inscritti nei valori di un socialismo umanitario e cristiano. La lotta per affermare e difendere i valori della nostra civiltà è ispirata alla storia e alle accezioni del liberalismo innanzitutto francese e poi europeo. E’ una lotta, anche quest’ultima, della tolleranza contro l’intolleranza. Lo sosteneva con chiarezza Karl Popper. Non si può essere tolleranti con gli intolleranti, altrimenti questi ultimi distruggeranno la nostra tolleranza. Lo capiremo?

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