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Tsiprasiani di tutto il mondo, disunitevi

13 Luglio 2015 1.216 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Tutto è bene quel che finisce bene e Hollande si è subito attribuito il merito dell’accordo tra Ue e Grecia. Restano le considerazioni politiche. A questo punto, innanzitutto, non si capisce il percorso scelto da Tsipras. Vuole un referendum che bocci il piano che l’Unione gli aveva proposto per concedergli ulteriori crediti. Vince il referendum, poi rilancia un negoziato basato più o meno sulla stesse clausole. La Germania, e in particolare il suo ministro Schauble, si oppongono, hanno forti dubbi sulla credibilità del governo greco e preferiscono un’uscita della Grecia dall’euro transitoria e concordata. Il consiglio non la giudica una proposta attuabile e si finisce così con un testo che mette la Grecia ancor più con le spalle al muro.

Arriveranno gli ottanta miliardi (oltre agli altri 322 accordati a suo tempo dal Fondo Monetario, dalla Bce e dal Fondo salva stati), ma la Grecia dovrà muoversi subito: in 48 ore dovrà approvare aumenti dell’Iva a tutto campo (inclusa quella su molte categorie di alimenti), un rialzo del contributo sanitario su tutte le pensioni dal 4% al 6% (anche quelle più basse), un nuovo Codice di procedura civile che acceleri i tempi e l’efficienza dei tribunali, la salvaguardia della piena indipendenza dell’ufficio statistico greco Elstat, una clausola per tagliare la spesa in modo semi-automatico se non si centrano gli obiettivi di bilancio, la trasposizione immediata della direttiva europea sulla «risoluzione» (cioè la liquidazione) delle banche. Poi tutto il resto che era già stato prescritto.

Robetta? Tutt’altro. Anche perché il presidente del Parlamento, una giovane professoressa di 39 anni, è oggi una dei più intransigenti esponenti del no. Verrà scaricata anch’essa come quel Varoufakis prima incensato e poi subito mollato come scomodo interlocutore? Certo, questo Tsipras vallo a capire. Se il risultato è questo perché svolgere un referendum, perdere tempo, far perdere miliardi alla borsa, e poi accettare, forse anche in peggio, quel che si era sdegnosamente rifiutato? Tanto più che oggi il governo greco, retto da un’alleanza tra Syriza e un partito antieuropeista di destra, pare ormai sostituito da una nuova maggioranza che comprende anche i conservatori di Samaras e i socialisti del Pasok, schierati pochi giorni fa col fronte del sì. Questi ultimi hanno perso il referendum ma hanno vinto politicamente. Anche perché lo stesso Tsipras ha poi detto sì.

Che faranno tutti gli adulatori di Tsipras oggi? Anche quelli nostrani che avevano preso la via di Atene, come si prendeva una volta quella di Madrid e Barcellona con le armi, al grido dal sapore rosselliano: “Oggi in Grecia domani in Italia”? Cosa diranno Grillo e tutti i grillini che vaticinavano come una felice prospettiva anche per noi l’uscita dei greci dall’euro e che oggi devono invece prendere atto che Tsipras preferisce restare in Europa alle condizioni tedesche piuttosto che uscirne? Che diranno Vendola e Fassina che stanno lavorando per un partito simile a Syriza in Italia e Civati che ha fondato un movimento con lo stesso nome di quello di Iglesias fratello di Tsipras? E che diranno la Meloni e Brunetta che avevano esaltato la scelta del leader greco?

Cambieranno anche loro idea o scaricheranno, come è facile, lo stesso Tsipras, magari definendolo vittima della troika? Vendola si accingerà a sfornare la lista Varoufakis? E Grillo a spostarsi sulla posizioni dei nazionalisti? Che diranno i conservatori il cui unico scopo è quello di attaccare il governo italiano? Certo Renzi poteva giocare un ruolo e non lo ha giocato. Quel ruolo l’ha svolto Hollande e qui torniamo alle nostre considerazioni sulla giusta politica, ma sulla inadeguatezza delle persone che la devono sviluppare. Ma questo è altro argomento. Come è altro argomento la necessità di un rilancio delle forze socialiste e della politica della crescita. Per ora, guardando alla Grecia, ci resta anche un po’ di orgoglio di essere italiani.

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