La croce di Crocetta
Non so in base a quali particolari requisiti Rosario Crocetta sia stato scelto, ma è stato eletto governatore della Sicilia. E dunque non capisco perché oggi dovrebbe dimettersi. Se è per un giudizio negativo che in tanti esprimono sulla sua conduzione del governo regionale basta attendere le prossime elezioni. Se è per un semplice silenzio che avrebbe opposto a una supposta frase di un medico amico, oggetto di una falsa registrazione, allora siamo davvero oltre la prassi del più ottuso giustizialismo. Ha ragione il direttore de Il Garantista Piero Sansonetti a sottolineare il carattere dell’assurda pretesa e dell’altrettanto incredibile versione giornalistica. In questa vicenda non c’è niente di certo. Esiste o no una registrazione della telefonata tra Crocetta e il medico Tutino? La procura di Palermo ha dichiarato di no. Se mai esistesse, come sostengono i due giornalisti dell’Espresso che però non l’hanno mai esibita, chi l’ha effettuata? E se esiste la registrazione quella frase è poi stata effettivamente pronunciata e Crocetta l’ha poi sentita? E se è stata pronunciata e Crocetta l’ha sentita allora che avrebbe dovuto fare? Mettiamoci i diversi “se” e aggiungiamo, dicono i censori che vogliono la testa del governatore, che chi tace acconsente. Dunque Crocetta deve andarsene. Non sappiamo se e perché è stato intercettato, se l’interlocutore ha pronunciato quella frase sulla Borsellino, non sappiamo se Crocetta l’ha sentita, ma sappiamo che basta il sospetto che tutto questo possa essere vero, compreso il silenzio che avrebbe suscitato in lui, per condannare un uomo. Siamo al teatro dell’assurdo o se si preferisce al Così è se vi pare. Tra Ionesco e Pirandello il capo d’accusa è davvero risibile. E i giornalisti che fanno? Continuano a parlare al condizionale. La telefonata sarebbe stata registrata, il medico avrebbe pronunciato la frase, Crocetta sarebbe rimasto zitto. Ma che notizia è quella che si basa sul dubbio che possa essere vera? Si racconta un episodio senza alcuna certezza che sia davvero avvenuto. E i giustizialisti chiedono dimissioni vere, opponendo a un episodio non verificato, anzi smentito dalla procura di Palermo, la granitica certezza di una mancata reazione. A loro, alle loro voci stonate di fucilatori di persone, sarebbe giusto chiedere il silenzio. E in quel caso il silenzio acquisirebbe il carattere di una virtù. Poveri noi, tra magistrati e giornalisti, e politici al servizio di entrambi, siamo ancora fermi al 1992…
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