L’ingerenza di Bagnasco
Era da attendere questo intervento del presidente dei Cei Bagnasco a due giorni dall’inizio della discussione sulla legge Cirinnà sui diritti delle coppie omosessuali in Italia. Bagnasco non può certo sostenere che il suo “vade retro” sia stato lanciato al popolo dei cattolici e che non intende interferire con le leggi dello Stato. Il suo affondo è proprio un segnale rivolto al Parlamento della Repubblica italiana. Lo è in particolare per i cattolici che vengono richiamati ad appoggiare solo leggi che si richiamino ai valori fondamentali della famiglia tradizionale “composta da un uomo e una donna”. Dunque in buona sostanza a bocciare la legge e in particolare a rifiutare qualsiasi forma di legittimazione alle adozioni, anche nella sola ristretta dimensione della cosiddetta stepchild adoption, cioè dell’adozione da parte del partner del figlio naturale dell’altro. Si tratta della tipologia più moderata di legge sulle coppie omosessuali che sia stata approvata nel mondo. E’ tale nella democristiana Germania della cancelliera Merkel, mentre nella maggior parte di paesi europei esistono i matrimoni gay con diritto di adozione parificato alle coppie eterosessuali.
“I figli non sono un diritto”, sostiene il cardinale. E’ vero. Ma qui non siamo di fronte alla legittimazione del figlio come diritto. Siamo di fronte alla legittimazione del padre o della madre come diritto per un figlio. Certo, nella copie omosessuali esisterebbero due genitori dello stesso sesso. Ma siccome esistono figli, partoriti all’estero, Bagnasco finisce per sostenere che è meglio che questi figli abbiano un solo genitore, quello naturale, piuttosto che due. A questo porterebbe l’abrogazione della noma sulla stepchild adoption. Così come se la legge fosse quella francese, spagnola, britannica, olandese, e via dicendo, e cioè se ammettesse le adozioni tout court, il tema non sarebbe quello relativo all’utero in affitto, che sarebbe così superato, ma neppure al fatto se i bambini abbiano diritto ad avere una madre e un padre anziché due genitori dello stesso sesso. La vera alternativa sarebbe per loro se fosse meglio avere due genitori dello stesso sesso piuttosto che vivere in un orfanatrofio. Ma al di là del merito non si possono non registrare le solite scomuniche di una parte della Chiesa (vogliamo pensare che sia solo proprio la parte che più sta osteggiando il Pontificato di Francesco) che configura alla stregua di blasfemia qualsiasi legge di laicità che in altri paesi è invece stata approvata senza reazione alcuna.
E’ evidente la ragione ed essa risale alla storica ed atavica preminenza del Vaticano sullo stato italiano, che risale a tempi lontani e che non si è acquietata nel nostro dopoguerra finendo per mettere più volte in difficoltà la stessa Dc anche ai tempi di De Gasperi. L’Italia è l’ultimo paese che ha approvato il divorzio e ha legalizzato, in certe circostanze, l’aborto. E’ pressoché l’unico paese che non gode di una legislazione sul fine vita ed è ancora la cenerentola più volte richiamata da Strasburgo sulle unioni civili. Mi raccontava proprio l’altra sera l’ex ministro Gianfranco Rotondi, che propose una legge sulle unioni civili ancora più moderata della Cirinnà, le tensioni che su di lui scaricarono ambienti vaticani e perfino le pressioni che fecero su Berlusconi perché ritirasse il provvedimento. Cosa che peraltro avvenne. Siamo una nazione indipendente o no? E mentre qualche incosciente copre le statue nude per non offendere il pudore dell’iraniano Ruhani in visita a Roma, noi non possiamo coprire con un velo la stepchild adoption per non urtare il potere e la prepotenza d’Oltre Tevere.
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