Tra primarie, comunarie, gazebarie, eventuali e varie
Mentre i due fronti del Pd si sparano ad alzo zero, Massimo D’Alema si gode un ritorno di improvvisa popolarità. Prodi è diventato, col suo Ulivo, un nuovo improvviso argomento di conflitto. Chi più ulivista, Bersani, che l’Ulivo dice di averlo fondato, o Renzi, che accusa Bersani e D’Alema di averlo distrutto? L’atmosfera, con la rinuncia di Guerini di affrontare i ribelli, è sempre più incandescente. Nessuno ha la minima intenzione di deporre l’ascia di guerra. La separazione sarebbe l’unico modo per por fine al dissidio. Ma Speranza e Bersani non hanno la minima intenzione, contrariamente a D’Alema, di lasciare il partito. Dove andrebbero? E che consenso potrebbe avere oggi un partito fondato da loro, preceduti da Fassina, Civati, D’Attorre?
Il percorso scelto sembra essere un altro. E inizia con le elezioni comunali per finire col referendum costituzionale. E’ un vero e proprio percorso di guerra che la minoranza del Pd ha deciso di praticare perché sa bene che l’unico modo di far perdere consensi nel partito a Renzi è quello che passa necessariamente da qualche sua sconfitta elettorale. Solo se Renzi perderà alcune importanti città italiane si dimostrerà che i motivi di contestazione della minoranza sono forti. Se poi dovesse perdere il referendum allora anche il governo dovrebbe andare a casa. Dunque anziché fare la scissione fondando un altro partito la minoranza Pd ha deciso di fare la scissione restando nel Pd. Come le coppie che non si dividono giuridicamente, ma vivono separate in casa. Per far questo ci vuole il consenso di entrambe le parti, però. Succederà?
Visto che le primarie dividono, e i candidati che perdono si fanno una loro lista, che ha pensato il prode Silvio? Di fare le primarie con un candidato solo e le ha chiamate gazebarie. Ha montato alcuni gazebo a Roma con il solo candidato a tenere concioni e poi ha contato i voti, che naturalmente hanno premiato il monocandidato Bertolaso. Come durante il fascismo coi plebisciti si poteva solo dir di sì o di no. Dicono che abbia votato un popolo di quaranta, addirittura cinquantamila persone. Davvero? Ai plebisciti del vecchio regime figurava avessero votato tutti, anzi il 99 per cento. Meloni e Salvini se la ridono. Quel matto di Silvio li ha presi per i fondelli?
Ma la notizia più eclatante è la rinuncia di Patrizia Bedori, scelta dalle comunarie del movimento Cinque Stelle come candidata sindaco del comune di Milano. La Spectre di Casaleggio deve averla sondata e risondata e poi si è sviluppata una guerra senza quartiere per delegittimare la poverina che, non avendo il fisico da modella come la candidata di Roma e abbondando di cellulite, ha dovuto gettare la spugna. Lo ha fatto con le lacrime agli occhi, sfinita dallo stress e accusando anche i suoi. Noi ce l’abbiamo con Berlusconi, ma ormai la concezione estetica della politica sta prevalendo ovunque. Dalla Carfagna alla Boschi e alla Madia, fino a Virginia Raggi, un unico denominatore tutte le accomuna.
La Bedori ha il fisico da anziana zia tutta pasta, pane e nutella. Meglio soprassedere. Tina Anselmi oggi al massimo avrebbe potuto fare la sindacalista….
Mauro Del Bue
Mauro Del Bue
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