Perché ci sono un po’ troppi parenti
Chissà perché coloro che provengono dalla meravigliosa società civile e assumono un incarico politico o di governo hanno così tanti parenti e fidanzati. Fu così per la Cancellieri con un figliolo davvero in carriera e in soldi. E’ stato così per la brava Boschi col papà alla Banca dell’Etruria. E’ così per la Guidi, figlia di un grande imprenditore emiliano, costretta a dimettersi da ministro per colpa di un fidanzato un po’ troppo intraprendente e ciarliero. Nessuna delle tre è stata ed è oggetto di procedimenti giudiziari. Come anche il buon Lupi, costretto a lasciare per via di un figlio che voleva imparare la professione che aveva accettato qualche regaluccio. Ma un conto è la giustizia altro conto la politica. O almeno così dovrebbe essere.
Vediamo un po’ a cosa può portare, nella sfera pubblica, l’utilizzazione di figure che, a digiuno con la politica, assumono importanti cariche provenendo dal mondo dell’impresa o dalle professioni. La prima cosa a cui vanno incontro è la sottovalutazione del rischio del conflitto d’interessi, di cui Berlusconi è stato ed è tuttora il massimo interprete. E’ difficile valutare quali provvedimenti rechino un vantaggio alla loro condizione precedente, e anche durante il loro impiego pubblico perdurante attraverso le funzioni di parenti e amici. Non esisteva, almeno in questa dimensione, tale rischio durante la cosiddetta prima repubblica, perché la separazione tra politica e mestieri era più netta.
Se metti ministro dell’industria un industriale e ministro della sanità un medico è assai più facile che gli interessi siano più stretti, l’autonomia tra governanti e governati più debole, il pubblico interesse non sempre separato da quello privato. Poi anche il comportamento, frutto dell’inesperienza dei politici “dilettanti”, dunque non “di professione”, come si dice oggi vantandosi di aver superato quest’ultimo “vizio”, è anche più incerto e irrazionale. Ma davvero si possono dire quelle cose per telefono, oggi, senza pensare di potere essere intercettati visto l’uso indiscriminato e spesso illegale di questo strumento d’indagine e l’altrettanto illegale diffusione immediata dei suoi contenuti? Per me questo è davvero un mistero. Ma c’è ben di più. Io sono garantista e faccio fatica a mettere in discussione la buona fede dell’ex ministro Guidi (la sua superficialità sì). Ma lei non sapeva che grazie alla notizia data al fidanzato sull’approvazione di una norma nella legge di stabilità, il suo amato ne avrebbe ricavato un subappalto di circa due milioni e mezzo? Delle due l’una. O lo sapeva e allora non si può negare la sua complicità o non lo sapeva e allora non si capisce perché informare il fidanzato dell’approvazione della norma. Oppure c’è una terza possibilità. Che lo sapesse e lo giudicasse una cosa normale. E si ritorna così ai danni del dilettantismo politico.
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