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Quattro argomenti che non stanno insieme

6 Aprile 2016 1.057 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Che confusione tra referendum, Tempa rossa, caso Guidi e corruzione. Sono quattro argomenti che solo un’informazione pasticciona e una politica superficiale tende a mescolare. Che c’entri il referendum che si svolge su un quesito relativo alla possibilità di estrarre materie prime dal mare entro le 12 miglia dalla costa (o meglio di continuare ad estrarle fino al loro esaurimento anche oltre il tempo dell’autorizzazione) col caso Tempa rossa, che deve estrarre petrolio, gas, zolfo in terra ferma, cioè nell’alta valle del Sarno, in Basilicata, é un mistero. Pare quasi un referendum, se impostato così, sulla possibilità stessa che in Italia si possano estrarre gas e petrolio. E sarebbe folle.

Poi esiste un secondo tema ed è quello dell’inquinamento. Che tira in ballo i controlli, che probabilmente sono mancati soprattutto in Basilicata se è vero quel che si scrive e si dice. E cioè che “ci sono scarti a Viggiano dove esiste un Centro oli, addirittura scorie radioattive a Rotondella, un tentativo di far diventare Scansano Ionico un centro di stoccaggio per rifiuti radioattivi”. Poi c’è l’intero territorio attorno a Fenice del Vulture che sarebbe malato e che faticherebbe a tirarsi fuori dalla melma dell’inquinamento. Cosi come Pisticci, un altro comune lucano, che sarebbe “una nuova terra dei fuochi”.

Queste denunce e preoccupazioni degli ambientalisti devono far riflettere, ma non possono portare alla considerazione che bisogna inibire qualsiasi sondaggio del territorio e utilizzazione o vendita delle materie prime in italia. Questo sarebbe un suicidio, visto che dipendiamo dall’estero e sempre più ne saremo dipendenti se non riusciamo a dipendere di più da noi stessi. Resta tuttavia il tema del ruolo dell’Eni e dei privati che per la verità sono in prima fila a Tempa rossa con un finanziamento estero di 1 miliardo e 600 milioni. Ma in questo caso si tratta di introitare roialty non trascurabili e di incassare occupazione al Sud. E resta il ruolo delle amministrazioni regionali e locali, cui spetta precipuamente il tema delle licenze e dei controlli. Se la situazione è arrivata a questo punto occorre chiarire bene chi non ha svolto fino in fondo la sua funzione. Perché tali piattaforme non necessariamente devono inquinare. Anzi, non devono inquinare affatto.

Poi c’è il caso Guidi. Che non è giudiziario, ma di opportunità, come ha ricordato giustamente Renzi. Ma è anche, secondo il mio giudizio, di evidente conflitto d’interessi. Nominare un imprenditrice ministro dello sviluppo economico, così come un avvocato ministro della giustizia, o un medico alla sanità, è pericoloso. Difficile separare bene le leggi che sono nell’interesse del paese da quelle che possono essere anche nell’interesse professionale del ministro. Da quando la politica non è più una professione il rischio è decisamente aumentato. Questo nulla c’entra con un emendamento alla i stabilità che assumeva come strategiche e dunque di competenza nazionale alcune opere bloccate in sede locale.

Infine la corruzione. Il tribunale di Potenza ha condannato in prima istanza alcuni dirigenti della Total, sono quattro, ad anni di carcere che vanno dai quattro ai sette, per corruzione e reati connessi. Non è però ben chiaro perché i condannati siano solo i corruttori e non anche i corrotti visto che dei 31 imputati solo cinque (i quattro dirigenti più il sindaco di Gorgoglione) sono, appunto, i condannati. Se sono state pagate tangenti la magistratura ha il dovere di accertare a chi sono finite a meno che i dirigenti Total non le pagassero a loro stessi. Con un singolare passaggio di denaro da una mano all’altra delle stesse persone. E qualche mancia a Gorgoglione.

Mauro Del Bue
Mauro Del Bue
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