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Io e Giovanni sulle macerie della politica

8 Luglio 2016 783 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Si sta sgretolando non solo una maggioranza di governo tenuta insieme da interlocutori dei quali il maggior partito ritiene, grazie all’Italicum, sia bene fare a meno, ma anche lo stesso sistema di una seconda repubblica mai nata. All’orizzonte si profila una crisi irreversibile del renzismo, la nuova medicina che pareva vincente, la magica soluzione dei rottamatori dalle belle facce con lo sguardo rivolto al futuro, d’impronta decisionista e votati al verbo del fare, accompagnata da un successo progressivo e irrefrenabile dei Cinque stelle, il movimento anti sistema che ha il vantaggio, contrariamente a tutti gli altri partiti, di non aver mai governato.

Ci si interroga sul che fare. Il nostro piccolo Psi ha avanzato proposte di buon senso: fissare il referendum dopo la legge di stabilità, magari spacchettandolo, di modo che il voto sia di conseguenze meno traumatiche, introdurre misure di equità, come l’aumento delle pensioni minime e altro, rivedere la legge elettorale. Renzi non ha cambiato di una virgola la sua posizione e di un pelo di sopracciglio il suo atteggiamento. Che resta di aggressività e di fiducia nella vittoria. Il rischio è che tra un po’ si trasformi in un Brancaleone che sguainava la sciabola e conclamava un attacco senza aver dietro un esercito.

Oggi non è tempo di smargiasserie, né di rodomontate. In democrazia comanda il popolo che si esprime attraverso le elezioni e, in epoca massmediologica, anche grazie ai sondaggi. Il Pd di Renzi ha perso le elezioni comunali e in tutti i rilievi si trova oggi superato dai Cinque stelle, che diverrebbero il primo partito e con l’Italicum e la riforma costituzionale, che attribuisce solo alla Camera il voto di fiducia, sarebbero incoronati nuovi padroni d’Italia. Questo non è un buon motivo per cambiare la legge elettorale, che era sbagliata in partenza, come l’Avanti ha sempre denunciato, per un doppio turno nazionale che non esiste in nessun altro paese, se non per l’elezione di un presidente e non di un parlamento. Ma continuare a sostenere che l’Italicum non si tocca fa pensare che al presidente del Consiglio sia estranea quell’arte della mediazione che era virtù in tempi lontani e oggi rimpianti. Che non sia propenso alla riflessione e alla consapevolezza della realtà, che dovrebbero restare anche oggi una dote fondamentale di un leader. E che a lui si addica solo la politica della sfida, della gara, della conta. Insomma, uso un paragone a lui caro, che si mostri un centravanti di sfondamento che non riesce a essere utile in difesa, quando bisogna salvare il risultato.

Tentando di andare ancora più in profondità e alla radice della crisi italiana, direi che balza agli occhi la inadeguatezza del sistema politico e della sua classe dirigente. Non basta essere giovani e belli per governare l’Italia, e questo soprattutto in epoca di vacche magre. Non serve più un sistema anti identitario, nato dopo gli errori dei partiti storici a seguito dell’ottantanove e dei colpi strabici della rivoluzione giudiziaria. Il Pd a sinistra è un contenitore di segmenti ideali, in un cui oggi gli ex democristiani hanno la prevalenza nella politica e gli ex comunisti hanno la soddisfazione dei riconoscimenti storici e del possesso degli archivi. Ma che partito è? Socialista in Europa ma non in Italia, riformista e moderato, laico ma senza esagerare, contro il terrorismo ma in pace, anche dopo Dacca, ha l’appoggio della Confindustria e non dei sindacati. Strano. Quanto può durare? Anche pet questo con Giovanni Negri oggi lanciamo una sfida. Difficile, forse impossibile, ma affascinante. E soprattutto politicamente giustificata. Torniamo alle identità. Noi ne proponiamo una.

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